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Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 01/08/2024 Parigi, Francia Politica Parigi 2024: Meloni a Casa Italia a pranzo con Martinenghi e Ceccon DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili
Proprio in concomitanza con l'arrivo della premier Giorgia Meloni nella capitale francese per la visita agli atleti italiani impegnati ai giochi olimpici, su Parigi 2024 è piombato il caso della pugile algerina Imane Khelif, ammessa dal Cio al torneo olimpico dopo essere stata esclusa dalla Federazione internazionale della boxe in precedenti competizioni a causa di un tasso di testosterone nel sangue troppo elevato.
Il caso ha investito il mondo politico italiano, perché la discussa atleta nordafricana ha battuto la nostra pugile Angela Carini, ritiratasi dopo nemmeno un minuto tra le lacrime per aver accusato i primi colpi della Khelif. Inevitabile la coda di reazioni polemiche a livello politico, se si considera che la questione teneva banco già da qualche giorno, da quando cioè il sorteggio aveva accoppiato le due atlete e alcuni esponenti del centrodestra avevano già rilasciato delle dichiarazioni in cui si stigmatizzava il via libera all'atleta algerina da parte del Comitato olimpico.
A dare l'impulso decisivo affinché dal piano sportivo si sia passati all'affaire politico è stata Giorgia Meloni in persona, che ha palesato, poco dopo essere atterrata a Parigi, una certa voglia di esternare sulla questione, in parallelo ad altri pezzi da Novanta del centrodestra. Così, mentre la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa, prima del match giocava a provocare alcuni colleghi liberal del Pd chiedendogli per chi tifassero e dopo ha invitato Carini al Senato, la presidente del Consiglio ha optato per il frontale col Cio, affermando di non essere d'accordo con la scelta di far gareggiare Khelif, allargando poi il discorso alla critica della cultura che a suo avviso sottende e ha permesso la partecipazione della maghrebina: «Sono anni», ha detto la premier, «che cerco di spiegare che alcune tesi portate all'estremo rischiano di impattare soprattutto sui diritti delle donne. Io penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili, non debbano essere ammessi alle gare femminili e non perché si voglia discriminare qualcuno, ma per tutelare il diritto delle atlete». «Questa», ha concluso, «dal mio punto di vista non era una gara ad armi pari». Più duro, nel suo stile, il leader leghista Matteo Salvini, che ha parlato di “vergogna" per «quei burocrati che hanno permesso un match che evidentemente non era ad armi pari».
Ma al di là di una polemica che era già scritta e che il combinato disposto della presenza di Meloni in loco e l'andamento dell'incontro sembra aver favorito, il bailamme delle dichiarazioni ha fatalmente lasciato sullo sfondo la vera questione, e cioè se Imane Khelif sia effettivamente più uomo che donna e se il suo quadro clinico fosse effettivamente compatibile con un'esclusione.
L'opinione prevalente tra genetisti ed esperti del settore in generale è che il dosaggio ormonale (se naturale ovviamente) di per sé non può decidere il sesso di una persona, soprattutto quando questa persona, come nel caso di Khelif, presenta caratteristiche genitali femminili. D'altra parte, osservano gli stessi esperti, la definizione del genere è un atto che pone anche questioni sensibili a livello etico e di privacy, e Khelif non è il primo caso di una persona che presenta caratteristiche cromosomiche del sesso opposto.
Nella fattispecie, la pugile algerina sarebbe un soggetto con "variazioni delle caratteristiche del sesso", che tra le varie conseguenze hanno quella di produrre ormoni maschili. Tale sindrome colpisce una ridottissima percentuale delle donne, ma il dato fondamentale è che il testosterone è endogeno e non può essere considerato dunque doping.
La questione, dunque, si sostanzia nel cercare di comprendere quanto ampio sia l'arbitrio delle federazioni sportive nel decidere se una condizione clinica innata possa fornire un vantaggio troppo grande. Nel frattempo, in Italia, ha prevedibilmente prevalso la bagarre tra i poli, con buone possibilità di trascinarsi ancora per un po’ di giorni.