Simul stabunt, simul cadent. Nell'intervista rilasciata ieri, Giorgia Meloni, tra le altre cose, ha tenuto a ribadire che il premierato non è assolutamente uscito dai radar di Palazzo Chigi, e che l’obiettivo di approvare l'elezione diretta del presidente del Consiglio resta prioritario. «Per me», ha detto, «è la madre di tutte le riforme. Insieme alla riforma della giustizia, all'autonomia differenziata, alla riforma fiscale è l'impianto riformatore per il quale gli italiani ci hanno votato. Andremo avanti perché vogliamo rafforzare la nostra democrazia e difendere il diritto dei cittadini a scegliere da chi farsi governare. Ci riusciremo».

Come è noto, il ddl Casellati è stato approvato in prima lettura al Senato e ora è parcheggiato da mesi a Montecitorio. E proprio questa sosta prolungata ai box, associata al colpo d'acceleratore impresso alla riforma della giustizia e alle reiterate dichiarazioni della presidente del Consiglio che insistevano sull'urgenza della separazione delle carriere, hanno portato la maggior parte degli addetti ai lavori a ipotizzare che il premierato fosse destinato su un binario morto. C’è però un fattore che rende necessario, agli occhi dell'inquilina di Palazzo Chigi, ricordare di tanto in tanto l'importanza del testo Casellati, ed è verosimilmente una motivazione relativa più alle dinamiche di maggioranza che alla reale priorità da lei accordata al provvedimento.

Si tratta della riforma con cui, in sostanza, uno degli azionisti di maggioranza sta giustificando da due anni e mezzo a questa parte la propria partecipazione al governo e l'appoggio leale ad alcuni atti dell'esecutivo su cui non è in totale sintonia con gli alleati, come ad esempio il sostegno militare a Kiev. È l’autonomia differenziata, bandiera della Lega, approvata definitivamente dal Parlamento ma mai entrata in vigore, a causa dei numerosi rilievi della Consulta. Ora l'ala nordista del Carroccio, quella cioè composta dai governatori (Luca Zaia in primis) e dagli esponenti più legati alla stagione bossiana federalista, stanno palesando da settimane la propria inquietudine per il futuro di questa legge, anche in virtù della guerra sotterranea che dall'inizio contro di essa sta conducendo una parte di Forza Italia, fortemente scettica. Allo stesso tempo, Meloni sa benissimo che l’Autonomia non può restare a lungo in questo limbo, poiché la consueta “guerriglia” di Salvini su temi come la politica estera e l'immigrazione potrebbe trasformarsi in un qualcosa di molto serio, molto simile a una crisi di governo, e che dovrà sbloccare il dossier a breve, anche perché su un tema come il terzo mandato per i governatori la Lega ha dovuto adeguarsi alla volontà della premier, la quale ha chiuso la partita impugnando la legge voluta dal presidente campano Vincenzo De Luca e inviando un segnale chiarissimo anche a Zaia e Salvini. La questione del terzo mandato, inoltre, si incrocia anche con le imminenti elezioni in Trentino-Alto Adige dove la Lega, facendo andare su tutte le furie FdI, ha fatto passare una legge che consente al presidente della provincia autonoma di Trento (leghista) Maurizio Fugatti, di candidarsi per un terzo mandato. Una legge che Meloni vorrebbe impugnare, allo stesso modo di quanto fatto per la Campania, aggiungendo così altri fronti di contrasto con via Bellerio, nel mezzo di una trattativa sui candidati alle prossime Regionali che appare complessa soprattutto sul fronte veneto. Non ci sono alternative, dunque, al rassicurare i leghisti sul fatto che a breve l'autonomia tornerà alle camere per una nuova approvazione conforme al pronunciamento dei giudici costituzionali, ma questo non può essere disgiunto, nello schema meloniano, da un “richiamo” sul premierato: la preoccupazione della presidente del Consiglio sulla reazione dell'elettorato meridionale all'introduzione definitiva della legge Calderoli è seria, così come che questo in termini di consenso possa deviare dei voti verso FI o addirittura verso l'opposizione. Il richiamo in qualche modo centralista al rafforzamento dei poteri del premier, dovrebbe a suo avviso fungere da tranquillizzante.