Lorenzo Guerini, vicesegretario dem, assicura: «Sabato 29 ottobre in piazza a Roma ci sarà una manifestazione del Pd, di tutto il Pd». Ma aggiunge: «Per quello che mi riguarda». Appunto. Perché non così la pensa la minoranza interna, soprattutto ala bersaniana di cui fonti di rango a Il Dubbio dicono: «Quella è una manifestazione del Pd che vuole il Sì, non di tutto il Pd». Ormai il dado sembra tratto: la parte della minoranza guidata da Pier Luigi Bersani fino a ieri sera era nettamente orientata a disertare sabato piazza del Popolo, dove Matteo Renzi ha chiamato a raccolta tutti quelli «che vogliono bene al Pd». Un'altra significativa tappa di quello che è stato chiamato il lungo addio dal Pd? La parola scissione viene nettamente respinta dall'opposizione interna, tant'è che Bersani ha già detto che non se ne va «neppure con l'esercito». Ma è un fatto che la manifestazione di sabato sembra destinata a segnare almeno plasticamente la separazione dei due Pd. Con una minoranza però divisa al suo interno e attraversata da sospetti reciproci. Soprattutto di quello dei bersaniani per l'atteggiamento più soft finora tenuto da Gianni Cuperlo, l'altro leader della minoranza dem, che «di sua spontanea volontà, non perché glielo avessimo chiesto noi», ha voluto partecipare ai lavori della commissione del Pd, presieduta da Guerini, per la modifica dell'Italicum.Da Cuperlo, che ha voluto andare a vedere le carte, è stata ritenuta un' apertura seppur timida da parte di Renzi, è stata bollata invece nei fatti dagli altri sin dall'inizio come «una finta del premier che così vuole dividerci». A breve, quando la commissione dovrebbe tornare a riunirsi, il tormentato Cuperlo, che aveva legato la sua partecipazione alla manifestazione di sabato alla condizione che quella piazza «non sia un'occasione di divisione», dovrà sciogliere il nodo. Se partecipasse senza gli altri, certamente Renzi potrebbe segnare un punto a suo favore riuscendo così a dividere la minoranza. In un colloquio di due ore ieri mattina il leader bersaniano dell'opposizione interna Roberto Speranza a Cuperlo avrebbe ribadito il diktat già annunciato da Bersani per il quale «non basta un documento generico, ma serve un vero e proprio atto parlamentare, quindi un disegno di legge per la modifica della legge elettorale». Via il ballottaggio, sì ai collegi uninominali: queste le richieste principali. E il disegno di legge, dicono fonti vicine all'ex segretario, «deve essere firmato dal ministro Boschi a garanzia che fanno sul serio». Difficilmente Renzi potrebbe accettare una simile condizione e ieri ha ributtato la palla nel campo avverso, dalla cui volontà, a suo avviso, ora dipendono i cambiamenti della legge elettorale. La sensazione è che sia in atto un nuovo gioco del cerino, nel quale nessuno intende bruciarsi. Ma il pressing dei bersaniani su Cuperlo è molto forte e alcuni già danno quasi per scontato che alla fine l'ex presidente del Pd abbandonerà la commissione. Che non a caso dovrebbe tornare a riunirsi proprio venerdì il giorno prima della manifestazione di piazza del Popolo. Confida un bersaniano a Il Dubbio: «Stanno giocando a dividerci. Ma noi alla manifestazione non andremo?io ho già in programma un'iniziativa fuori Roma». E l'iniziativa ha tutto il sapore di essere per il No. Un esponente renziano del Pd rispetto alle conseguenze che potrebbero esserci se quella di sabato non sarà la manifestazione di tutto il Pd, osserva: «Tutto dipende se la diserteranno con garbo, oppure no?». Ma il punto è che stavolta l'"altro Pd" si farà notare di più proprio se non andrà.