LO SCENARIO

Era da mesi che dallo stato maggiore di Iv non si udivano toni tanto concilianti nei confronti di Conte. «E' positivo che si parli di contenuti. Non ci sono emendamenti sulla task force in legge di bilancio e questo è positivo», cinguettava la capodelegazione al governo Bellanova prima di entrare ieri a palazzo Chigi. La delegazione era folta ma orbata del massimo esponente, Renzi in persona. Per ora Conte ha preferito evitare di vedere i leader. La sera prima era stato il capogruppo alla Camera Rosato, di solito un falchissimo, a giubilare: «Qualcosa è cambiato. Vedremo come andranno queste riunioni ma rappresentano un fatto nuovo».

Per parlare di pace è presto ma senza dubbio un passetto in quella direzione è stato fatto e del resto Conte aveva fatto sapere allo stesso Renzi che questa giornata di riunioni con le delegazioni dei partiti di maggioranza sul Recovery serviva proprio a dare un segnale di disgelo. Non che Renzi potesse comportarsi diversamente in questa circostanza. Conte, pressato da Iv ma anche dal Pd e persino dai 5S, sulla bozza che aveva fatto pervenire nella notte ai partiti la settimana scorsa, innescando così lo scontro ancora in atto, è davvero tornato indietro.

Il miraggio di inserirla nella legge di bilancio con un emendamento era già fuori discussione da un pezzo, cassato dal «Non se ne parla» del Nazareno. Ora Conte si impegna a un percorso formale rigido, che dà modo al Parlamento di esprimersi più volte, e soprattutto si dice disposto a rivedere le norme sui commissari e i loro poteri. Era quest'ultimo il vero nodo: la sostituzione di fatto dei ministri con i commissari, facenti capo a palazzo Chigi.

Inoltre il premier promette di rivedere gli stanziamenti, in particolare quello risibile di soli 9 mld sulla sanità, ed era anche questa una richiesta avanzata dall'inter maggioranza. Renzi sapeva dall'inizio che sarebbe andata a finire così. Già l'impegno a sostituire la cabina di regia con una ' unità di missione', assunto da Conte da oltre una settimana, indicava il percorso. Anche l'unità di missione fa capo a palazzo Chigi ma è derubricata nelle sue mansioni, limitate almeno sulla carta al controllo, al ' monitoraggio'.

Certo, la partita sui fondi del Recovery è appena iniziata, qui siamo in realtà solo alla mano d'apertura. Però al momento Conte, accettando di retrocedere, ha tolto a Renzi un facile appiglio per dichiarare la crisi. Non è dunque un caso che il capo di Iv abbia all'improvviso tratto fuori dal cilindro il Mes, sorprendendo un po' tutti perché il braccio di ferro aveva sino a quel momento riguardato tutt'altro. Prevedendo il passo indietro di Conte sul Recovery aveva bisogno di un ulteriore argomento da usare come giustificazione, o come alibi, ove decidesse di far cadere comunque Conte. Proprio mentre i suoi luogotenenti abbassavano i toni, ieri mattina, ha fatto uscire una conferma aperta e minacciosa, anche se meno tesa del solito: ' Insistiamo su ciascun punto a partire dal Mes. La palla adesso è nelle mani del premier. Dipende solo da lui'. I nodi più aggrovigliati in realtà sono due, il Mes ma anche la delega ai servizi segreti che anche il Pd chiede a Conte di cedere. Sui servizi però Conte non vuole cedere. Sul Mes non può: i 5S non lo permetterebbero e tanto meno quando, come in questo caso, la richiesta del prestito suonerebbe come piegarsi al diktat di Iv. Sul fronte dei servizi un'ulteriore mediazione, magari con la delega ceduta ma a una figura di fiducia dello stesso premier, è ancora possibile. Sul Mes no e Renzi lo sa perfettamente. La decisione sul dichiarare o meno aperta la crisi adoperando il prestito del fondo Salvastati come pura scusa è tutta politica. E' probabile che neppure il capo di Iv abbia ancora fatto una scelta. Da un lato sa che buona parte della maggioranza la pensa come lui e sarebbe felicissima di sostituire Conte o almeno di ridimensionarne drasticamente il ruolo, e proprio questo sarebbe il senso politico di un governo Conte ter, con ministri cambiati, vicepremier in arrivo e nuovo voto di fiducia. Ma d'altra parte Renzi sa anche che, dopo aver annunciato fragorosamente le elezioni come sola alternativa a Conte, lo stesso Pd e Di maio potrebbero trovarsi prigionieri di un vortice che imporrebbe un voto anticipato che in realtà non vuole nessuno.

Sulla base di questo conto, che manterrà comunque un margine di azzardo molto alto, Renzi deciderà se andare avanti con un governo azzoppato o dare la spallata, forse in vista del Conte ter, forse puntando su un nuovo premier, preferibilmente Draghi, e su una nuova maggioranza ( preferibilmente allargata anche alla Lega). In quali tempi? Non si sa ma brevi. Palazzo Chigi fa sapere di voler convocare il cdm che varerà la bozza sul Recovery prima del 31 gennaio ed è probabile un vertice dei leader ancora prima. Dovrebbe essere quello il momento della verità. Potrà slittare di qualche giorno, sino ai primi di gennaio.