Il presidente russo Vladimir Putin non è un uomo politico, ma «un mostro sanguinario», il capo di una «gang criminale», che va combattuto con i metodi che si usano contro le mafie. Lo dice Yulia Navalnaya durante la plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo. Che l’ha accolta con un lungo applauso, alzandosi in piedi al suo ingresso in aula. Gli eurodeputati hanno applaudito a lungo anche il discorso pronunciato da Navalnaya, vedova di Alexey Navalny, il dissidente russo morto nella prigione dell’artico. 

«Se volete sconfiggere Putin davvero - afferma - dovete essere innovativi, non noiosi: non potete fargli del male con un’altra risoluzione o con un’altra serie di sanzioni, che non è diversa dalle precedenti. Non potete sconfiggerlo pensando che sia un uomo di principi, che segue una morale e delle regole. Lui non è così e Alexey lo aveva capito da tempo: non avete a che fare con un politico, avete a che fare con un mostro sanguinario. Putin è il capo di una gang del crimine organizzato, che include avvelenatori e assassini, ma loro sono solo dei burattini».

«State combattendo contro una gang di criminali - continua - e bisogna usare i metodi che si usano contro il crimine organizzato: non note diplomatiche, ma indagini sulle finanze, sui collaboratori mafiosi nei vostri Paesi, avvocati e finanzieri che aiutano Putin e i suoi amici a nascondere i soldi. In questa lotta avete degli alleati affidabili, le decine di milioni di russi che sono contro la guerra e contro Putin. Non dovete perseguitarli. Al contrario - conclude - dovete lavorare con loro, dovete lavorare con noi».

L’«omicidio pubblico» di Alexey Navalny «ha mostrato al mondo, ancora una volta, che Putin è capace di tutto e che con lui non si può negoziare». «Due anni fa - continua - Vladimir Putin ha iniziato una guerra totale contro l’Ucraina, una guerra brutale e subdola. Il mondo intero è accorso in aiuto dell’Ucraina, ma sono passati due anni e c’è molta stanchezza, molto sangue, molta delusione. Putin non è andato da nessuna parte. Tutto è stato usato: armi, soldi, sanzioni. Non funziona nulla. Ed è accaduta la cosa peggiore: tutti si sono abituati alla guerra, e qua e là la gente ha iniziato a dire ’beh, dovremo arrivare ad un accordo con Putin comunquè. E poi Putin ha ucciso mio marito, Alexey Navalny. Dietro suo ordine, Alexey è stato torturato per tre anni, affamato in una piccola cella con muri di pietra, tagliato fuori dal mondo esterno, gli sono state negate visite, telefonate e persino le lettere. Poi lo hanno ucciso, abusando del suo corpo e di sua madre».

Il presidente russo «deve rispondere di quello che ha fatto al mio Paese. Deve rispondere di quello che ha fatto ad un Paese vicino e pacifico. Deve rispondere di tutto quello che ha fatto a mio marito», incalza Navalnaya. «Mio marito non vedrà mai la bella Russia del futuro - aggiunge - ma noi la vedremo. Farò del mio meglio per far sì che i suoi sogni si avverino. Il Male cadrà e arriverà un bel futuro», conclude.