La guerra totale di Di Maio. Alessandro Di Battista in segreteria? «Non credo».

A sentire alcuni esponenti di spicco del Movimento 5 Stelle, la “cooptazione” dell’ex deputato romano nel futuro organismo dirigenziale grillino non è affatto certa.

I malumori generati dalle sue esternazioni contro i vertici pentastellati - diventati «burocrati» - hanno lasciato il segno. E la base parlamentare, che un tempo lo avrebbe seguito ciecamente in ogni battaglia, gli ha voltato le spalle.

Il progetto del capo politico

Per non parlare di Luigi Di Maio, che ha vissuto l’attacco dell’ex amico come un affronto personale.

«Scusate se mi incazzo se quelli che non sono venuti sul palco con me il giorno dopo le Europee stavano, e stanno ancora, in giro per l’Italia a presentare libri», ripeteva pubblicamente solo qualche giorno fa il vice premier grillino che, insieme a Davide Casaleggio, sta disegnando la nuova architettura interna del Movimento.

Il progetto prevede la creazione di una segreteria politica, composta da una decina di dirigenti divisi per aree tematiche, da affiancare al capo politico nella gestione del partito.

E se fino a qualche settimana fa sembrava certa la promozione di Di Battista a “responsabile della comunicazione”, adesso le cose sono cambiate.

«Stiamo parlando di un processo in corso, quindi tutto potrebbe mutare da un giorno all’altro, ma non credo che Alessandro farà parte del coordinamento», ci spiega una fonte molto qualificata del Movimento 5 Stelle.

«Al nuovo organismo ci stanno lavorando Luigi, Davide e Beppe e a loro spetterà la decisione finale. In questo momento si sta ragionando se consentire o no ai non eletti di accedere» in segreteria, prosegue l’esponente pentastellato, prima di aggiungere: «Ma visto che tra i compiti principali del nuovo organismo ci sarà quello di coordinare l’attività parlamentare con la base, per quale motivo dovrebbe essere aperto ai non eletti?», si chiede, sintetizzando i termini di un dibattito aperto.

Ma se prevalesse questa linea, per Di Battista si chiuderebbero ufficialmente le porte del Movimento.

Gli interrogativi di Di Maio

Il quesito è sul piatto di Luigi Di Maio, alla ricerca della soluzione migliore per rafforzare la sua leadership: tenere politicamente in vita l’ex amico diventato ingombrante potrebbe essere pericoloso, ma scaricarlo definitivamente non sarebbe una scelta priva di controindicazioni.

Il capo politico ha bisogno di alleati nella battaglia interno. Perché le magagne pentastellate non si esauriscono all’antagonismo Di Maio/ Di Battista.

Il vice premier ha ingaggiato da settimane un braccio di ferro con l’area irriducibile del Mo- vimento, i cosiddetti “fichiani”, a suon di censure ed espulsioni.

E a differenza dell’ex deputato scrittore, i fedelissimi del presidente della Camera non mettono in discussione solo un “imborghesimento” dello spirito, ma l’intera linea politica imposta dall’alto: dall’alleanza con la Lega di Salvini alla mutazione verticistica del partito.

«Abbiamo spiegato a Di Maio che ci sono già i sottosegretari che svolgono il ruolo di referenti del territorio, così rischia semplicemente di crearsi una squadra di fiduciari», dice un esponente ortodosso a proposito della futura segreteria politica.

«È una operazione solo verticistica. Bisognava lasciare spazio ai territori», è lo sfogo dei duri e puri.

«Il problema è che siamo costretti a rincorrere la Lega sul terreno dell’immigrazione», spiega un altro.

«Dovremmo invece focalizzare l’attenzione sui dati economici, sui provvedimenti da mettere in campo». Sono critiche molto più severe, e profonde, di quelle arrivate da Di Battista.

Per questo il vice premier non ha ancora sciolto la riserva sul futuro dell’ex amico: la “guerra” a Roberto Fico è molto più insidiosa e l’eventuale sostegno “movimentista” di Dibba potrebbe tornare utile.

A meno che Di Maio non decida di chiudersi nel bunker e provare a eliminare tutti gli avversari mentre il quartier generale cade a pezzi.