Il conflitto che sembrava insanabile tra minoranza e Renzi potrebbe aver trovato la quadra. La bozza Chiti è un ombrello che ripara tutti: riconduce una parte dei dem a più miti consigli sul sì al referendum, in cambio di un Senato che torna ad essere elettivo. Il cambio di rotta rispetto a uno dei capisaldi della riforma costituzionale è stato ratificato dal premier nella scorsa Direzione Pd, ma rimane lo spettro dell'incostituzionalità della bozza Chiti, che reintroduce il voto popolare nella scelta dei senatori. Un appiglio, però, potrebbe esserci.Il nuovo Senato della Repubblica è eletto su base regionale e composto da 95 tra consiglieri comunali e sindaci. Chiaro: «I Consigli regionali eleggono i consiglieri-senatori», dice il comma 2 della riforma costituzionale. Un'elezione indiretta, dunque. Come ciò avvenga, invece, viene invece definito dal comma 6: «Le modalità di elezione sono regolate con legge approvata da entrambe le Camere».E proprio questa legge - ancora da approvare - è diventata il punto di accordo senza spargimenti di sangue della Direzione dei lunghi coltelli al Partito Democratico: si chiama "bozza Chiti", è stata indicata come la base di partenza da Matteo Renzi ed è un disegno di legge presentato da una ventina di senatori Pd. La sua caratteristica principale è quella di stravolgere le premesse iniziali: «La scelta da parte degli elettori dei 74 membri del Senato della Repubblica che ricoprono anche la carica di di Consigliere regionale avviene su base regionale», si legge all'articolo 2.Ma allora delle due l'una: o i consiglieri-senatori sono eletti dai Consigli regionali, oppure in via diretta dai cittadini. In realtà la bozza Chiti punta a salvare entrambe le previsioni con un abile equilibrismo: gli elettori ricevono due schede, una per eleggere il Consiglio regionale e una per esprimere la scelta del senatore tra i candidati al Consiglio. La somma dei voti ottenuti nei singoli collegi dai candidati collegati alla lista regionale sarà utilizzata per l'attribuzione dei seggi, con il sistema del proporzionale puro. Poi si provvederà a stilare una graduatoria dei collegi per individuare gli eletti. Infine, il Consiglio regionale, all'atto dell'insediamento, procederà all'elezione dei senatori-consiglieri in conformità con le scelte espresse dagli elettori.In sostanza, quell'«eleggono» del comma 2 nel nuovo articolo 57 della Costituzione significherà, di fatto, «ratificano». Apparentemente si tratta di una forzatura del testo costituzionale, salvata però dal comma 5 che introduce una locuzione passepartout: «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge».Un passaggio normativo apparentemente generico e invece il frutto di una perigliosa opera di mediazione tra minoranza dem e renziani, portata avanti dal senatore Vannino Chiti. «La Presidenza del Senato non autorizzò la modifica del comma 2» perché già ne era stata data lettura conforme in entrambi i rami del Parlamento, ha spiegato Chiti. Quindi l'unica strada per costruire l'appiglio necessario per reintrodurre un Senato elettivo è stato l'inciso nel comma 5. «Era l'unica via possibile, che in ogni caso garantisce un risultato positivo e inequivocabile: i cittadini sceglieranno i futuri consiglieri-senatori e i Consigli regionali si limiteranno ad una presa d'atto», ha spiegato Chiti.In buona sostanza, se venisse approvato il disegno di legge, sarebbero gli elettori a scegliere i senatori e il Consiglio si limiterebbe all'atto formale di un'elezione che, nei fatti, sarebbe una nomina eterostabilita.Con l'apertura di Renzi alla bozza Chiti il fine lavoro di cesello normativo è riuscito perfettamente, pacificando almeno in parte la minoranza dem che considera il Senato elettivo un sine qua non per il Sì al referendum costituzionale. Tra questi proprio Chiti che, in coerenza con il suo percorso da mediatore, ha abbracciato il fronte del Sì al ddl Boschi.Ma un patto si conclude quando entrambe le parti adempiono alla loro parte dell'accordo e - a riprova del fatto che in Parlamento la forma è ancora sostanza - il procedimento di approvazione del disegno di legge non è ancora stato incardinato e giace nel cassetto dello studio del suo primo firmatario, il senatore Federico Fornaro. Il Presidente Piero Grasso, infatti, ha posto il veto sulla calendarizzazione di una legge che dia attuazione ad una riforma costituzionale che ancora non è stata confermata.