Le campagne del Pd e del M5S/ Avs contro il taglio del Reddito di cittadinanza hanno un significato politico sensibilmente diverso. Per il partito di Conte si tratta di difendere la principale bandiera, la più importante tra le leggi varate nei cinque anni in cui sono stati al governo in veste di partito di maggioranza relativa. Il Pd invece, e lo stesso discorso vale per molte testate che oggi bersagliano il governo, ha cambiato idea ed è passato dalla critica di quella misura a un sostegno che per molti, a partire dalla segretaria, è davvero convinto mentre per un’altra parte del partito è subìto con scarso entusiasmo.

In casi del genere una certa componente propagandistica c’è sempre ma nella sostanza la “conversione” del Pd è probabilmente reale e basata su dati concreti. Nella crisi Covid il Rdc è stato essenziale per evitare una catastrofe sociale che altrimenti sarebbe stata certa e il Pd, che era all’opposizione quando fu approvato il Reddito ma al governo negli anni del Covid, lo sa perfettamente.

Quell’emergenza è stata superata ma solo per essere sostituita da una situazione quasi altrettanto rischiosa: la guerra, l’impennata dei prezzi delle materie prime, l’inflazione, che solo in parte dipende da quell’aumento dei prezzi, sono tutti elementi che impattano sul potere d’acquisto. In concreto gli italiani non sono solo più poveri ma sono a rischio di ulteriore impoverimento in tempi brevi. Il rdc, per molte famiglie, era e sarebbe fondamentale in termini di sopravvivenza.

La stretta sui tassi della Bce è un ulteriore elemento di rischio: gli effetti non si sono ancora dispiegati in pieno, l’economia italiana al momento regge bene, ma il rischio che la recessione che già colpisce parte dell’Europa inclusa la Germania arrivi anche da noi è concreto: l’effetto sulle fasce povere della popolazione sarebbe molto duro e il paracadute del reddito sarebbe quindi essenziale per evitare il dilagare della conseguente crisi sociale. Di solito alle strette sui tassi d’interesse, che restano la sola strategia a disposizione della banche centrali per contrastare l’inflazione, corrispondono politiche di welfare che limitano l’impatto negativo dell’aumento del costo del denaro. Questo però in Italia è impossibile perché i conti pubblici verrebbero terremotati e oltretutto il governo Meloni ha scelto di non limitarsi a politiche rigoriste per rassicurare la Bce e la Ue sulla propria affidabilità ma si è spinto oltre, con politiche che sarebbe più giusto definire d’austerità che non rigoriste.

Una situazione che è insieme molto difficile per fasce ampie di popolazione e molto rischiosa per tutti o quasi si verifica nel Paese europeo che molto più di ogni altro ha un problema salariale inevaso da decenni: in un Paese cioè in cui il rdc è fondamentale non solo per chi non ha e non trova lavoro ma anche per molti che un lavoro purchessia lo hanno trovato ma con un salario del tutto inadeguato. Infine il Pd è consapevole di quel che per tutti i politici è un dogma: non dare una cosa è infinitamente meno grave, in termini di reattività sociale, che darla e poi toglierla. A maggior ragione quando il taglio si concentra in alcune aree geografiche del sud già fortemente penalizzate in partenza.

Tutti questi argomenti, quelli che hanno convinto il Pd ma anche larga parte dell’opinione pubblica inizialmente ostili al rdc a cambiare posizione, sono tuttavia certamente chiari anche a Giorgia Meloni. Ci si deve dunque chiedere perché abbia deciso comunque di forzare la mano su un lato della scacchiera sociale così delicato. In parte la premier scommette su una ripresa spinta dal Pnrr che allieverebbe la pressione sociale per molti ma non per tutti. In parte considera il rdc una questione di bandiera, tanto fondamentale per l’identità non solo del suo partito ma anche dell’intera coalizione da non poter essere ammainata costi quel che costi. Infine è possibile che faccia leva proprio sull’iniziale ostilità del Pd. In fondo sono passati appena pochi mesi da quando, per criticare le misure alternative al rdc annunciate dalla destra e peraltro ancora solo ipotetiche dal momento che i decreti in materia ancora non ci sono, accusava governo e maggioranza di “aver rubato” proprio al Pd progetti già implementati in Friuli e in Emilia.