L’intervista con Oriana Fallaci è stata «la cosa più stupida della mia vita». Così l'allora segretario di stato americano Henry Kissinger tentò di stoppare il clamore suscitato dalla conversazione con la celebre giornalista pubblicata sul settimanale L'Europeo il 16 novembre 1972, in piena guerra del Vietnam.

Quell'intervista che fece il giro del mondo fece infuriare anche il presidente statunitense Richard Nixon, che per settimane non volle vedere Kissinger e minaccià di licenziarlo. «È stata la conversazione più disastrosa che ho mai avuto con un giornalista», ha scritto Kissinger molti anni dopo nelle sue memorie. «Io non sono pacifista, la guerra è virilità, io sono come un cowboy. Il potere? Fa fare cose splendide» confessò a Fallaci il più astuto, machiavellico, bismarckiano, diplomatico del XX secolo.

Quell’intervista è da allora di testo nelle scuole di giornalismo. Kissinger provò a smentirla, Fallaci minacciò di rendere pubblico l’audio della registrazione, come ha raccontato lei stessa nel libro "Intervista con la Storia", pubblicato in prima edizione nel 1974 da Rizzoli in cui raccoglieva le sue famose conversazioni con i potenti della Terra. 

Nell'autunno del 1972 la giornalista chiese un'intervista e Kissinger accettò. Oriana Fallaci si recò alla Casa Bianca il 4 novembre alle ore 10 e mezzo del mattino «per cominciare l'intervista più scomoda, forse, che abbia mai fatto». Ma perché Kissinger volle incontrare Fallaci? «Mi era piaciuta l'intervista che aveva fatto al generale Giap», avrebbe spiegato più tardi quasi per giustificarsi.

Il colloquio, come spesso capitava con la giornalista inviata di guerra del settimanale L'Europeo, fu spigoloso. Ma le risposte si rivelarono un disastro mediatico. Kissinger definì «inutile» la guerra in Vietnam, disse di preferire i generali vietcong a quelli dell'alleato Sud e poi si descrisse come il protagonista indiscusso della politica estera americana: «Il mio successo nasce dai risultati», spiegò. «E tuttavia il punto principale non è quello – disse - Il punto principale nasce dal fatto che io abbia sempre agito da solo. Agli americani ciò piace immensamente. Agli americani piace il cowboy che guida la carovana andando avanti da solo sul suo cavallo, il cowboy che entra tutto solo nella città, nel villaggio, col suo cavallo e basta».

(Adnkronos/Paolo Martini)