A Giuseppe Conte non deve aver fatto alcun piacere la lettura mattutina dei giornali. Appena poche ore prima, martedì sera, aveva fatto filtrare voci sulla sua massima irritazione per ' la comunicazione' in materia di Nadef. Un modo obliquo a diplomatico, ma neppure troppo, per mettere all'indice Di Maio e Renzi, rei d aver diffuso la sensazione di un possibile aumento dell'IVA. Ipotesi che, pare sia sbottato Conte con i collaboratori, ' è una mistificazione scorretta'. Insomma, secondo il premier parlare di ' aumento dell'Iva' un'ipotesi di lavoro che non andava oltre l'aumento di un punto e mezzo per i pagamenti in contanti e prevedeva uno sconto di tre punti per i pagamenti elettronici era per Conte una falsificazione pura.

Se il presidente del consiglio sperava che la sfuriata, debitamente fatta filtrare, e le assicurazioni formali che accompagnano la Nota bastassero a sopire le tensioni latenti sbagliava. Ieri mattina si è trovato squadernate due interviste, una del ministro per gli Affari regionali Boccia ( Pd), l'altra della viceministra all'Economia Castelli ( M5S) che rimettevano in campo proprio quel tema dolente che Conte mirava a cancellare dal dibattito. Boccia parlava senza peli sulla lingua della possibilità di aumentare l'IVA per i beni di sullo abbassandola invece su quelli di più vasto consumo. La Castelli, più prudente, confermava che l'aumento non sarà deciso dal governo, aggiungendo però che il tema non può essere considerato un tabù e dunque potrebbe essere il Parlamento ad assumere la decisione che per il governo è proibitiva.

I primi a insorgere sono stati proprio i 5S: nessun aumento o il governo cade seduta stante, I due pilatri su cu si regge, per Di Maio, essendo appunto il non aumento dell'IVA e la riforma costituzionale con il taglio dei parlamentari che il governo varerà in via definitiva la settimana prossima. Subito dopo è stato Franceschini a chiudere il capitolo, o almeno a provarci: ' La rimodulazione dell'IVA è stata accantonata. Bisogna finirla con le polemiche sul nulla'. Il problema è che quelle polemiche non sono affatto sul nulla.

L'intero governo e tutta la maggioranza sanno perfettamente che cifra inserita nella Nadef come copertura di tutte le misure in agenda tranne la sterilizzazione dell'aumento IVA è pura fantasia. Si tratta infatti di 7 mld, pari allo 0,4% del Pil, quando anche nell'anno migliore, e solo grazie all'introduzione della fatturazione elettronica, l'incasso non è andato oltre il 2 mld e mezzo. Si può sperare di ripetere l'exploit, non di moltiplicarlo per 3. La stessa Unione europea non sembra ancora decisa ad accontentarsi di una copertura clamorosamente falsa.

Non a caso proprio ieri l'ex commissario Moscovici ha ricordato che ' la Ue non farà favoritismi e Gualtieri lo sa bene'. A propria volta l’ufficio parlamentare di bilanci, cioè il braccio della Commissione nel Parlamento italiano, ha sì vidimato la Nota, aggiungendo però che le previsioni sulla crescita sembrano ' lievemente troppo ottimistiche'. Sono toni cauti e felpati perché la commissione, checché ne debba dire Moscovici, ha in realtà tutte le intenzioni di ' favorire' l'Italia in funzione anti Salvini. Ma non al punto di ingoiare come se niente fosse una voce d'entrata surreale. Ecco perché, nonostante le smentite, l'ipotesi di un aumento selettivo dell'IVA torna puntualmente a fare capolino. Non significa che sia una via obbligata, altre vie sono praticabili. Solo che sembrano tutte altrettanto nocive in termini di immagine e consenso.

L'aumento dei ticket e la riforma del catasto verrebbero infatti prese dagli interessati come una nuova ondata di tasse su casa e sanità, e a insorgere sarebbe proprio quel ceto medio impoverito la cui collera ha decretato i successi elettorali dell'M5S e poi della Lega. Tanto che in serata il premier frena: “Gli interventi sul super ticket e sul ticket sanitario sono programmati non domani mattina ma in un arco di tempo più ampio”.

Si potrebbe tentare di spremere quanto più possibile dalla lotta all'evasione a ogni costo. Ma significherebbe adottare misure che scatenerebbero una vera e propria rivolta dei commercianti, che verrebbero colpiti dal Daspo come se si trattasse di hooligans da stadio. Il dubbio, alla fine, è che tra tutte le misure possibili l'aumento selettivo e camuffato dell'IVA sia quella meno dolorosa per l'elettorato. Dunque, nonostante gli strepiti del premier, fino a che per quei 7 mld non sarà stata trovata una copertura reale, l'aumento dell'IVA continuerà a essere spinto fuori dalla porta solo per rientrare subito dopo dalla finestra.