La corsa è tra Licheri e Nocerino rispecchia lo scontro interno tra l’ex premier 5Stelle e il ministro degli Esteri

Sarà un fine settimana di riflessione dopo l’uragano che negli ultimi giorni ha investito la commissione Esteri del Senato, prima con le dimissioni di 20 dei 22 componenti e poi con la conseguente decadenza della commissione stessa, e primo fra tutti dell’ex presidente, il pentastellato ( e, per ora, ancora tale) Vito Petrocelli.

Ieri alle 13 è scaduto il termine per la presentazione delle liste dei vari partiti alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, per i futuri membri del plenum, dal quale poi la prossima settimana sarà votato il, o la, presidente.

Dopo il disastro Petrocelli l’attesa era tutta sulla lista pentastellata, decisa dal gruppo parlamentare in seguito alle nove candidature ricevute, compresa quella dello stesso Petrocelli. Che, ovviamente, questa volta è stato lasciato fuori, assieme al senatore Alberto Airola, l’unico assieme a lui che si era rifiutato di dimettersi.

La cinquina grillina è così composta da Gianluca Ferrara, in pole per la presidenza fino a metà pomeriggio di ieri, quando assediato dal fuoco incrociato degli altri partiti e di alcuni membri del suo stesso per le sue posizioni antiamericane è stato costretto al passo indietro, Ettore Licheri, già capogruppo M5S a palazzo Madama, vicino a Giuseppe Conte e alla vicepresidente Paola Taverna, Simona Nocerino, dimaiana che da subito si spese per la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, e per questo outsider rispetto alla linea del partito, Pierpaolo Sileri, che in quanto sottosegretario alla Salute sarà sostituito dall’attuale capogruppo Mariolina Castellone, e la stessa Paola Taverna.

Se i partiti dovessero accordarsi per eleggere di nuovo un esponente grillino, la corsa è a due tra Licheri e Nocerino, così da rispecchiare lo scontro interno tra il leader Conte e il ministro degli Esteri Di Maio.

Se invece non si dovesse trovare un accordo e si andasse verso un liberi tutti, ecco che a Nocerino ( comunque, a oggi, la candidata più forte), si fa strada l’ipotesi di contrapporre nientemeno che Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia che di crisi internazionale e del rapporto tra Italia e Stati Uniti qualcosina ne sa.

Se non altro per il vissuto di suo padre Bettino, che da presidente del Consiglio nel 1985 venne faccia a faccia, metaforicamente parlando, con gli Usa durante le ore più tese tra Washington e Roma, quelle della celebre crisi di Sigonella.

Gli azzurri sono infatti a corto di presidenze nelle commissioni di palazzo Madama e su Craxi potrebbero giocare di sponda con Italia viva, in queste ore il partito più attivo nel cercare di strappare la presidenza al Movimento. Che per bocca di Conte ha detto di «rivendicare legittimamente» il ruolo che fu di Petrocelli. «Non sta scritto da nessuna parte che spetti di nuovo a loro», ha tuonato il capogruppo renziano al Senato, Davide Faraone. Ma i voti non basterebbero comunque, visto che su 22 componenti ne servirebbero almeno 12 nelle prime due votazioni, la maggioranza semplice dalla terza. I forzisti sono in tre, per i renziani c’è la sola Laura Garavini.

Aggiungendo anche il Pd arriviamo a sette. Comunque troppo pochi, anche perché il voto è segreto. Insomma, per eleggere il nuovo presidente ci sarà bisogno di un accordo ampio, che vada oltre le coalizioni.

Intanto, c’è da registrare lo sfogo di Petrocelli, che abbandonato da tutti si scaglia contro il suo ( ex? Forse, boh) partito. «Il 31 marzo il M5S, insieme ad altri, ha dato una delega in bianco al governo sulle armi all’Ucraina - scrive il senatore - Delega che rende le parole dei leader e soprattutto di Conte una ipocrita propaganda».

Per poi definire la propria rimozione «una vendetta politica dei partiti guerrafondai». E a proposito di dissidi tra partiti, la prossima settimana sarà anche quella della resa dei conti sulla questione Ucraina, con l'informativa di Draghi in Senato, giovedì, e il voto sulla richiesta di ammissione di Finlandia e Svezia nella Nato.

Su quest’ultimo punto non c’è ancora una data, ma vista la procedura d’urgenza dovrebbe avvenire entro poche settimane. Nel frattempo, Draghi incontra mercoledì a palazzo Chigi la premier finlandese Sanna Marin.

Tutti i partiti si sono dichiarati esplicitamente a favore dell’ingresso di Helsinki e Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, tranne il Movimento. E sarà quella la vera resa dei conti in maggioranza.