PHOTO
NICOLA FRATOIANNI, POLITICO,ANGELO BONELLI, POLITICO, BARBARA FLORIDIA, COMMISSIONE VIGILANZA RAI, ELISABETTA PICCOLOTTI, DEPUTATA
Nel risiko delle candidature per le prossime regionali, il patto – non scritto – tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle rischia di trasformarsi in un guaio per il campo largo. I primi quattro candidati ( Toscana, Marche, Puglia e Veneto) andranno infatti al Pd, mentre Campania e Calabria spetteranno ai 5 Stelle. A bocca asciutta, invece, restano gli alleati minori. Ma a restare fuori dai giochi non è un cespuglio da prefisso telefonico. È Avs, che secondo i propri esponenti viaggia stabilmente sopra il 7% e ora alza la voce per dire che il tempo della sopportazione è finito.
A farsi portavoce del malumore è Angelo Bonelli, che in un tour di dichiarazioni ai principali media – dal Corriere della Sera alle agenzie – ha messo in chiaro che «in Calabria ci siamo anche noi» e che «Avs ha diversi candidati, uomini e donne con cultura di governo e ben radicati sul territorio». Parole scandite a più riprese, a margine di conferenze stampa e interviste, che suonano come un messaggio diretto a Giuseppe Conte e a Elly Schlein: o ci fate sedere al tavolo, oppure il tavolo si ribalta.
Il caso esploso in Calabria è solo l’ultimo sintomo di una tensione più profonda. «Abbiamo sostenuto Todde in Sardegna, Fico in Campania, Ricci nelle Marche, Giani in Toscana. Ora chiediamo reciprocità», incalza Bonelli. Il leader verde evita lo scontro frontale, ma il tono è meno conciliante. E anche il nome – evocato e poi subito smentito – di Mimmo Lucano come possibile candidato presidente non è passato inosservato. Ufficialmente, nessuna richiesta, nessuna proposta. «Lucano è una persona autorevole che stimiamo», ha precisato Bonelli, «ma non abbiamo parlato della sua candidatura. Né lui ci ha espresso la volontà di candidarsi». Eppure, anche una candidatura mai formalizzata può diventare un’arma retorica: basta pronunciarla, e la tensione sale.
In realtà, la mossa Lucano è sembrata più un avvertimento che una vera investitura: una prova per dire che la sinistra ecologista non è disposta a recitare il ruolo di comparsa nella recita a due tra dem e grillini. Anche perché, se Avs può rinunciare a un governatore oggi, non può permettersi di apparire irrilevante domani, in vista delle Politiche. E per il centrosinistra, una Avs instabile non sarebbe solo un problema numerico: sarebbe un segnale di fragilità, l’ennesimo, che alimenterebbe i dubbi dell’elettorato sull'affidabilità di una coalizione già zavorrata da divisioni croniche e da un equilibrio sempre precario tra anima radicale e anima riformista.
Bonelli ha voluto ricordare che Avs non è solo una forza elettorale: è stata una cerniera tra Pd e M5s, un collante nei momenti di rottura. Ha accettato candidati imposti, si è spesa sui territori, ha garantito visibilità sui temi ambientali e sociali. Ora però pretende riconoscimento politico. E il fatto che Pd e 5 Stelle non abbiano nemmeno aperto una discussione seria su una delle due regioni del Sud assegnate, di fatto, in automatico ai grillini, viene vissuto come una mancanza di rispetto.
Il paradosso è che Avs è più utile oggi di quanto lo fosse un anno fa, ma rischia di essere più esclusa. E le conseguenze potrebbero andare oltre la Calabria. «Chiediamo un confronto», ripete Bonelli, «vogliamo solo esprimere le nostre intelligenze». Un modo elegante per dire che, se serve, possono anche rompere gli equilibri. E non sarebbe la prima volta.
Del resto, Bonelli e Fratoianni hanno nelle loro corde il pressing politico: lLo dimostra la conferenza stampa convocata per oggi alla Camera, in cui Avs annuncerà la presentazione di una denuncia alla Corte Penale Internazionale contro membri del governo italiano, accusati di complicità in crimini di guerra e contro l’umanità per il sostegno allo Stato israeliano.
Una mossa dura, destinata a far discutere, ma che ben rappresenta la postura combattiva dei rossoverdi. Che ora alzano la voce anche nei confronti degli alleati. E lo fanno mentre i big del centrosinistra restano prigionieri di un doppio equivoco: da un lato, pensare di potersi spartire le regioni ignorando chi porta in dote una fetta consistente di voti; dall’altro, credere che la radicalità di Avs sia utile solo per attrarre consenso sui temi, salvo poi escluderli dalle scelte strategiche.
L’asse Pd- M5s regge, al momento, sull’implicito presupposto che gli altri si accodino. Ma il caso calabrese mostra che l’adesione non è più scontata. E il rischio, per Schlein e Conte, è che quella che oggi sembra una fisiologica rivendicazione interna diventi, col passare dei mesi, una vera scissione del consenso a sinistra. Con buona pace della parola ' campo', che a forza di escludere pezzi rischierebbe di diventare una spianata abitata dal tandem Pd- M5s..