Lo si percepiva già nell’aria, che giovedì al Nazareno era diversa dal solito. E lo si è capito dagli interventi seguiti a quello della segretaria del Pd, Elly Schlein, in direzione.

Il Pd ha ritrovato l’unità persa molto tempo fa e che in questi primi mesi del nuovo corso targato Schlein ha faticato non poco a perseguire. In primis sulla guerra in Ucraina, tema sul quale la segretaria in passato è stata più volte criticata dai suoi stessi colleghi di partito, soprattutto nella prima fase post- elezione, e sul quale invece giovedì ha riscosso piena approvazione.

Secondo Piero Fassino, presidente della commissione Esteri della Camera, per il quale «dalla direzione è uscita la conferma della linea che il Pd porta avanti dall’inizio della guerra», cioè di «pieno sostegno all’Ucraina». Alimentando al tempo stesso i tentativi di dialogo tra le parti, «auspicandone il successo». E Fassino condivide l’analisi espressa da Romano Prodi al Festival delle città, organizzato dalle Autonomie locali italiane, sulla necessitò di «un esercito comune europeo complementare alla Nato», mentre sull’innalzamento della spesa militare al 2 per cento del Pil ( come chiesto dalla stessa Alleanza atlantica), l’ex sindaco di Torino ricorda che «già Guerini, da ministro della Difesa, aveva concordato con la Nato che l’Italia non poteva raggiungere quell’obiettivo se non prima del 2028».

Concetti ribaditi anche dal senatore Alessandro Alfieri, responsabile Riforme e Pnrr del Nazareno e vicino al presidente del Copasir Lorenzo Guerini, che descrive come «nette e chiare» le parole di Schlein sulla guerra. D’altronde, è il ragionamento di Alfieri, «con l’avvicinarsi delle Europee i partiti populisti, anche in casa nostra, pensano di lucrare qualche voto in più sulla stanchezza delle opinioni pubbliche circa il sostegno a Kyiv». Ma un paese come l’Italia, e un partito come il Pd, «non può permettere che si rompa il fronte delle democrazie liberali rappresentato in passato dalla foto di Draghi, Scholz e Macron sul treno verso l’Ucraina». Del resto, l’unità del partito non può che essere fondamentale in un momento decisivo per il futuro prossimo dei dem, stretti tra la necessità di mettere in piedi un’alleanza con il M5S e parti del centro per essere competitivi alle prossime Amministrative e l’urgenza di darsi un’identità netta in vista delle Europee, dove il proporzionale costringe ogni partito a portare acqua al proprio mulino.

«Noi siamo il più grande partito dell'opposizone e abbiamo il dovere di provare a costrure un fronte in Parlamento il più largo possibile e alternativo alla destra - aggiunge lo stesso Alfieri Ma dobbbiamo anche continuare a lavorare su ciò che ci unisce nel partito per avere maggior forza nella coalizione, e su questo possiamo dire che abbiamo imparato dagli errori commessi in passato».

E a proposito di unità delle opposizioni, se sull’Ucraina la distanza dal Movimento5 Stelle rimane enorme, il terreno comune sul quale lavorare è quello del lavoro, a partire dalla manifestazione di oggi della Cgil e da quella di domani sul salario minimo. Fino alla grande mobilitazione annunciata da Schlein per l’ 11 novembre, alla quale ieri il M5S ha ribadito che Conte ci sarà, se invitato.

«Il salario minimo è un esempio di scuola del fatto che quando le opposizioni si mettono insieme attorno a una battaglia sociale la destra va in affanno e rincorre - commenta il capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto Tant'è che prima hanno provato a cancellarlo, poi hanno approvtao la sospensioen della discussione e infine si sono affidati al Cnel per non decidere». Ma tra un paio di settimane, quando la proposta di legge tornerà in Parlamento, «la destra non potrà più scappare», promette Scotto.