Ci voleva il Pride di Budapest, organizzato dal sindaco progressista della capitale magiara contro il divieto imposto dal premier Viktor Orbán, per riunire il campo larghissimo dopo le tensioni degli scorsi giorni su riarmo e guerra in Ucraina.

Domani infatti in riva al Danubio andrà in scena la manifestazione che l'alleato di Giorgia Meloni ha tentato in tutti i modi di far saltare, polemizzando anche con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Ma il Pride si farà, anche se gli organizzatori comunicheranno solo all'ultimo il percorso, e nella speranza che non si creino tensioni con i gruppi di estrema destra. Ci saranno esponenti di Pd e M5S, di Avs e Azione, di Iv e Più Europa. Insomma, il campo larghissimo sarà al gran completo, e se sulla politica estera, industriale e di difesa i partiti della (futura?) coalizione divergono e non poco, sui diritti civili sembrano andare d'amore e d'accordo.

«Checché ne dica Orbàn, non può esserci nessuna violazione di legge per i partecipanti al Pride di Budapest, almeno finché l’Ungheria si conferma dentro l’Unione Europea - ha detto il senatore Ivan Scalfarotto, responsabile esteri di Italia Viva - Noi parlamentari europei siamo a Budapest per questo, per dimostrare che il divieto del Pride non può esistere perché è incompatibile con i trattati. Orbàn dice che Bruxelles per loro equivale a Mosca quando erano nel Patto di Varsavia? Trascura un minuscolo dettaglio: che all’epoca l’Ungheria era costretta con le armi, come dimostrano i fatti del ’56. Se l’Ungheria non gradisce le regole europee ha sempre la possibilità di andarsene e di rinunciare a tutti i finanziamenti europei: questa volta - assicura l’esponente Iv - nessuno manderà loro i carri armati». Infine, «se quello ungherese è territorio dell’Unione Europea, la legge di Orbàn è inesistente. Se invece la legge esiste vuol dire che l’Ungheria è fuori dall’Unione Europea. Se Orbàn pensa sia così - conclude Scalfarotto - allora prendiamone atto, con tutto quello che comporta».

Per il responsabile Diritti del Pd, Alessandro Zan, partecipare al Pride è un «dovere morale». Secondo l’europarlamentare del Pd «la comunità Lgbtqi+ ungherese è criminalizzata e perseguitata dal regime di Orbán», ma «questo Pride assume un significato simbolico che va oltre» perché «vietare un Pride significa impedire la libertà di manifestare, e se non c’è più la libertà di manifestare, non c’è più democrazia».

Ci saranno anche la segretaria del Pd Elly Schlein, il leader di Azione, Carlo Calenda, una delegazione M5S con l'europarlamentare Carolina Morace e Alessandra Maiorino e una di Più Europa guidata dal presidente Matteo Hallissey. Non ci sarà invece Ilaria Salis, detenuta per più di un anno nelle carceri ungheresi e che rischia una condanna a 24 anni in caso di revoca dell'immunità da europarlamentare.

E intanto lo stesso Orbàn ha risposto all’appello della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che ha chiesto alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del Pride. «Considerano l’Ungheria un Paese subordinato, vogliono dirci come dovrebbe essere il sistema giuridico», ha replicato Orbàn in un’intervista a Kossuth Radio rilanciata dai media ungheresi. Secondo quanto riporta Magyar Nemzet, Orbàn ha dichiarato che von der Leyen tratta l’Ungheria come una colonia e l’Ue vuole dire all’Ungheria cosa è permesso e cosa no.

Ma di certo l'attenzione dovrà essere altissima, per evitare scontri e possibili tafferugli, oltre agli annunciati arresti da parte della polizia. Oggi, all’alba, la street artist italiana Laika ha affisso in centro a Budapest un manifesto provocatorio che ritrae Orbàn, in versione queer, con bandiera arcobaleno, a sostegno della comunità Lgbtqia+ e dell’attivista non-binary Maja, detenuta nel Paese. «Sarò in incognito alla manifestazione e spero di vedervi in tantissimi. L’onda nera omofoba e xenofoba non ci travolgerà. Noi siamo marea», ha detto Laika.