Mi permetto di segnalare a chi si occupa della “opposizione giudiziaria” lamentata, avvertita e quant’altro dal ministro Guido Crosetto, parlando al Corriere della Sera di “riunioni di una corrente della magistratura” preoccupata della “deriva antidemocratica” del governo Meloni, che l’interessato è titolare del dicastero della Difesa. E in quanto tale destinatario quotidianamente - al pari dei presidenti della Repubblica e del Consiglio e del ministro dell’Interno di rapporti generalmente tanto riservati quanto attendibili.

Si tratta di una circostanza che non so, francamente, se tenuta in considerazione, per esempio, dal presidente dell’associazione nazionale dei magistrati. Che, nonostante porti il nome della Santa protettrice degli occhi, reagendo duramente a Crosetto sembra non avere visto, avvertito o cos’altro fra le correnti o “anime” del sindacato delle toghe elementi o settori contrassegnati da una certa ipersensibilità politica. Magari uguale e contraria a chi li osserva o critica al di fuori dell’ordine giudiziario: ordine, ripeto, non potere. Così almeno mi insegnavano all’Università e sentivo spesso ripetere anche dalla buonanima del professore di diritto Francesco Cossiga quand’era al Quirinale.

Non credo, tornando all’originaria segnalazione, che Crosetto si trovi nella incresciosa situazione di Giovanni Leone nel 1978, quando dopo il sequestro di Aldo Moro, non appena sollevò dubbi sulla cosiddetta linea della fermezza adottata dalla maggioranza dell’altrettanto cosiddetta maggioranza di solidarietà nazionale, si vide sospendere l’invio quotidiano al Quirinale dei rapporti riservati dei servizi. Che furono sostituiti da brevi visite e telefonate informative del presidente del Consiglio Giulio Andreotti e del ministro dell’Interno Cossiga sui tentativi che si stavano facendo per scoprire la prigione brigatista di Moro e cercare di liberarlo.

Non mi sto inventando nulla, credetemi. Sto solo ripetendo il racconto fattomi di quei giorni dallo stesso Leone una ventina d’anni dopo, in una lunga, circostanziata, dolorosa intervista raccolta a casa sua per Il Foglio. A quell’isolamento Leone si sottrasse - pagandone, credo, il prezzo con le dimissioni impostegli dalla Dc e dal Pci sei mesi prima della scadenza del suo mandato presidenziale- predisponendo la grazia di propria iniziativa ad una delle tredici persone detenute con le quali i brigatisti rossi avevano reclamato di scambiare Moro: una donna, Paola Besuschio, in quel momento ricoverata in un ospedale.

Ma le procedure furono interrotte dalla tempestiva decisione, chiamiamola così, dei terroristi di accelerare l’esecuzione della loro sentenza di morte contro il presidente della Dc per non dividersi nella valutazione della grazia ai fini della liberazione dell’ostaggio. Ah, la storia, per favore con la minuscola per tante ragioni che esulano, una volta tanto, dalla magistratura. E appartengono tutte alla politica, sempre con la minuscola.