La contraddizione della destra, ma in particolare di Forza Italia, si snoda con una chiarezza e una potenza forse persino controproducenti sul piano elettorale, nell'arco tra due inchieste: quella sulla ministra Santanché e quella di Bari. La destra, con il partito azzurro in prima fila anche se la diretta interessata è oggi una sorella d'Italia, fa scudo alla ministra nonostante gli elementi che indicano l'insostenibilità della sua permanenza nel governo sono ormai impressionanti. Daniela Santanchè è coinvolta in inchieste che la vedono accusata di reati pensanti, come quello di aver addossato allo Stato le spese delle sue lavoratrici formalmente in cassa integrazione. Allo stesso tempo è coinvolta nella compravendita di una villa che, se anche risultasse come è assolutamente possibile priva di ogni risvolto penale, sempre somiglia come una goccia d'acqua alla speculazione.

La destra impugna l'innocenza sino al terzo grado di giudizio mentre qui c'è ancora solo la richiesta di rinvio a giudizio. È vero che l' “opportunità politica” è stata spessissimo adoperata a sproposito come espediente per comminare condanne politiche a priori e imporre dimissioni ma quando si tratta di opportunità politica, a differenza che nel codice penale, ogni caso è a sé e la ministra appare in questo caso difficilmente difendibile. Né probabilmente sarà difesa se la richiesta di rinvio a giudizio sarà accolta perché FdI, e quasi certamente la stessa premier, capiscono perfettamente quanto dannoso sarebbe insistere nel tenere Santanché al governo.

Fi è la più solerte nello sbandierare la presunzione d'innocenza e si tratta davvero della sua posizione storica, ribadita e raccomandata dal fondatore e presidente in eterno persino dall'oltretomba. È probabile che in partenza il garantismo di Silvio Berlusconi fosse interessato, dettato dalle sue personali traversie giudiziarie e ancora prima da quelle del suo amico e protettore Bettino Craxi. Ma il Cavaliere era poi approdato a un sincero garantismo, che aveva reso una bandiera del suo partito azzurro e che in una certa misura è davvero entrato a far parte del dna di Fi.

Solo che a Bari quel vessillo è stato ammainato - a tenerlo vivo la sola Licia Ronzulli, voce fuori dal coro prontamente silenziata - e al suo posto è subentrato il ricorso a tutti i peggiori strumenti che Berlusconi denunciava quando andavano a suo danno. Un'inchiesta è stata usata come appiglio per scagliare accuse pesantissime contro un sindaco universalmente stimato nonostante la magistratura e gli inquirenti lo avessero completamente scagionato, riconoscendo anzi il contributo prezioso della sua amministrazione alla lotta contro la criminalità. La politica è entrata in campo direttamente e c'è entrata a gamba tesa. Ora una foto scattata in circostanze probabilmente casuali, non si sa da chi e non si sa da chi messa in circolazione diventa per la destra pugliese rinvio a giudizio, processo, appello e Cassazione con la richiesta di commissariare il Comune e rinviare di un anno e mezzo le elezioni previste tra poco di due mesi: richiesta avanzata senza bisogno di appoggiarsi a inchieste reali e anzi ignorandole deliberatamente ma sul punto di essere ribadita con le grancasse dispiegate dopo il provvidenziale arrivo della già famigerata foto. Contrabbandata quasi per pistola fumante.

Una posizione così contraddittoria sarebbe in una certa misura prevedibile se si trattasse solo della Lega e di FdI, partiti che con la cultura garantista non hanno mai avuto molto a che spartire nella sostanza e sono anzi spinti dai rispettivi dna politici verso la sponda opposta. In questo caso però in prima fila c'è proprio Forza Italia e lo si può capire dal momento che l'establishment del potere della destra nella regione è targato soprattutto Forza Italia.

In questo caso però l'uso di metri di giudizio opposti a seconda che si tratti della propria fazione o degli avversari è probabilmente troppo plateale. Reclamare lo scioglimento del comune di Bari contro ogni evidenza e allo stesso tempo difendere la permanenza al governo di Daniela Santanché, sempre contro ogni evidenza, sarebbe forse un po' troppo anche per l'elettorato moderato, pur di bocca buona, e anche per una parte di quello di destra. È possibile, forse probabile, che la premier si renda conto del danno che si arreca da sola e provveda prima delle europee. Ma una soluzione salomonica, col governo che si libera della ministra più scomoda con una mano e con l'altra dispone il commissariamento di Bari, sarebbe una pessima soluzione. Il caso Santanchè e quello del sindaco Decaro non sono equivalenti. Sono opposti.