Sergio Mattarella ha fatto quello che poteva e ha creato una possibilità di uscita dall'impasse che fino a ieri non esisteva. Cogliere questa opportunità, difficilmente ripetibile, sta ora al governo francese ma soprattutto a quello italiano. Mettendosi direttamente in gioco, il presidente della Repubblica italiana ha permesso a quello della Repubblica francese di interrompere l'escalation degli ultimi giorni e di raffreddare la tensione senza perdere la faccia, cosa altrimenti impossibile dopo quanto la Francia si era esposta negli ultimi giorni. Sulla carta non è detto che Macron sfrutti la possibilità. Nei fatti dovrebbe invece essere quasi certo, altrimenti le diplomazie dell'Eliseo e del Quirinale avrebbero evitato l'incontro telefonico. Del resto, di una via d'uscita Macron aveva e ha bisogno quanto Giorgia Meloni. Sulla disponibilità del governo italiano a fare i passi indietro necessari per ricucire lo strappo, invece, è lecito e necessario dubitare. Non è chiaro se l'intervento del capo dello Stato sia stato discretamente chiesto da palazzo Chigi, nei guai sino alle guglie. Ma si può escludere che del passo del presidente il capo del governo non fosse stato informato in anticipo, dunque anche da questa parte delle Alpi una certa disponibilità dovrebbe esserci. Ma fino a che punto arriva questa disponibilità? E sarà sufficiente per rabbonire non solo Parigi ma anche una Ue che, pur non avendo affatto apprezzato l'escalation francese non intende però concedere niente a Roma e che si è premurata di chiarire che le navi che salvano persone in pericolo sono tutte uguali, estendendo così l'ombrello protettivo sulle Ong nel mirino del governo italiano? Per ora, nonostante sia consapevole dei problemi che il braccio di ferro sui migranti inevitabilmente creerà, Giorgia Meloni non sembra intenzionata a sacrificare la crociata, ultima ridotta del suo già per molti versi messo da parte sovranismo. È possibile che, fosse per lei, abbasserebbe quanto meno il volume di fuoco ma Salvini sta lì apposta per forzarle in continuazione la mano e comunque anche sulle sue intenzioni non vi sono certezze, se è vero che nei giorni scorsi ha manifestato franca irritazione nei confronti del ministro Piantedosi per aver aperto lo spiraglio attraverso il quale sono sbarcati tutti i migranti. Se le voci in questione sono fondate, è segno che la premier avrebbe voluto tenere i migranti a bordo, proprio come Salvini. La sola certezza è che il governo sta preparando un decreto che mira proprio a rendere la vita delle navi Ong difficile. Cosa conterrà il dl prossimo venturo non è ancora sicuro ma probabilmente ripristinerà in buona parte i vecchi decreti sicurezza di Salvini, riscriverà la lista dei porti sicuri, renderà molto meno cogenti le norme sulla protezione e cercherà una via per sequestrare o multare pesantemente le navi Ong. La dichiarazione della Ue mira proprio a evitare quest'ultimo passaggio e avverte l'Italia che procedendo su quella rotta entrerà in collisione anche con Bruxelles e Berlino, che per ora hanno respinto gli appelli francesi a fare muro contro l'Italia. Muoversi sulla fune sottile che permetterebbe all'Italia di sventolare la bandiera della linea dura rasentando la scontro con la Ue e con i Paesi europei, riuscendo però a evitarlo in extremis, non è impossibile. Però non è neppure facile e richiede una perizia diplomatica che si trova all'opposto esatto di quella che il neonato governo ha sin qui dimostrato. L'asse anti Ong con Cipro, Malta e Grecia è un ennesimo esempio di questa clamorosa imperizia. Per risolversi in una dimostrazione di forza e poter almeno ambire a incidere quella linea doveva essere adottata anche dalla Spagna. Senza l'adesione del secondo grande Paese del Sud Europa dopo la stessa Italia, il quadro si capovolge e il pronunciamento suona come una prova di debolezza e isolamento. L'Italia, tuttavia, ha deciso di muoversi comunque lungo quella linea, anche dopo il rifiuto della Spagna. La chance offerta dalla mossa del Quirinale è concreta ed è auspicabile che il governo Meloni non si lasci sfuggire l'occasione per rientrare in un clima più disteso, più che mai necessario per l'Italia data la portata delle altre partite in gioco, quella del Piano Energia e del Price Cup, quella delle nuove regole sui conti pubblici. Ma un po' per la necessità di tenere il punto almeno su un fronte, un po' per le non disinteressate pressioni di Salvini, un po' per goffaggine e inesperienza, non è affatto detto che le cose vadano così.