di Pino Casamassima «L'unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare». Con questo passaggio, Mattia, Roberto, Giulia e Andrea, i quattro della nuova Apocalisse ittica meglio noti come quattro moschettieri delle Sardine concludono una lettera inviata a Repubblica. Un messaggio forte e chiaro in cui ribadiscono la loro genesi, ma – soprattutto – la loro palingenesi, e cioè il diritto di dire «No!» senza per questo essere legati al dovere di indicare un «Sì» (a chi? a che cosa?). In tutto ciò, sottolineando come la loro forza, la forza delle Sardine, stia nell’essere riuscite a scrollarsi di dosso il virtuale, per tornare al reale. Loro, che appartengono alla generazione del virtuale, hanno riproposto la fisicità come elemento politico primario. «Corpi fisici in uno spazio», come loro stessi hanno tenuto a sottolineare in quella lettera. Hanno cioè ridato centralità all’unico elemento – la fisicità – a non essere manipolabile in un mondo pervaso dal virtuale, social media in primis. Quei social dai quali le Sardine sono uscite per imporre la loro presenza politica in quella agorà che dai tempi di Pericle rappresenta il luogo dove la politica «avviene». Dove si compie. Una differenza speculare a quella che passa fra i sondaggi e le schede scrutinate di una tornata elettorale, coi tanti imbarazzi dovuti alle tante, troppe parole spese a commento di quel che non era. Perché era solo virtuale: un virtuale poi non trasformatosi in reale. La forza delle Sardine è tutta qui, in buona sostanza. Non c’è da girarci tanto attorno. Avevamo creduto che il virtuale si fosse totalmente impossessato del reale, con la politica a trovare quotidiana rappresentazione di sé stessa in quel virtuale così tanto pop, anzi, un po’ volgare, un po’ cafone, che poi veniva rimbalzato nei talk televisivi da mattina a sera. «Fatemi vedere Salvini con la matriciana»: ed eccolo l’ex capitone ripreso da un iPhone che addenta due etti abbondanti di bucatini che svolazzano sugo. Un messaggio semplice, efficace. Perché identificativo. Eravamo dunque precipitati in un piatto di amatriciana? «No!» avevano detto 6000 sardine a Bologna. E poi a Modena, e poi ovunque. Le cose, dunque, non stavano proprio così. Non eravamo finiti in un bicchiere di Mojito. Non eravamo diventati la Repubblica del Papeete. «In sei giorni abbiamo imparato a fare il tuo mestiere, ora prova tu a fare il nostro»: parole di malcelata soddisfazione del Mattia/Messia delle Sardine al capitone. Che, per reagire, non ha trovato di meglio che sguinzagliare nell’immaginario collettivo la figura di un micio. E si sa, i gatti sono notoriamente ghiotti di sardine e affini. Insomma, laddove la toppa è peggio del buco, ché l’idea ha fatto arrabbiare tutti gli amanti dei mici (veri) e delle Sardine (metaforiche). Il risultato è stato il repentino cambio di strategia della Bestia, intesa come staff che si occupa della comunicazione social del leader leghista. S’incapponiva in un noto talk serale il prof. Ernesto Galli della Loggia a voler stanare il Mattia/Messia sul piano della palingenesi: tradotto, la solita, polverosa litania: «E adesso cosa farete?» (cioè «come spenderete politicamente questo consenso popolare?»). Domande che ruotavano nell’aria e nell’etere dell’epoca pure al tempo del movimento del 68. E poi al tempo di quello del 77, e dell’85, e delle Pantere, e di Seattle, e delle tute bianche, dei girotondi e del popolo viola, per non parlare dell’eterno ritorno del femminismo in forme e sostanze diverse l’una dall’altra, perché si tratta di movimenti. (Diverso il discorso del M5S nato dall’alto – di Grillo&C. – verso il basso, non viceversa). E i movimenti, per definizione, sono tali: non blindabili nella dimensione statica di un partito politico. Possono produrre nuove forme politiche perfino di futura sostanza parlamentare. Ma anche no. La quasi totalità dei movimenti prodotti dal 900 ha inciso nella società senza diventarne rappresentazione. Prendendo ad esempio quel movimento del 68 che nell’immaginario collettivo della contemporaneità rappresenta il movimento dei movimenti, esso ha tanto inciso sul piano sociale, dei costumi, delle relazioni, quanto abbia invece lasciato intonso l’apparato politico che ha continuato ad «agire» con le proprie dinamiche. I partiti del cosiddetto arco costituzionale avrebbero continuato ad allearsi e slegarsi nella stessa maniera precedente. Dopo non aver capito nulla o quasi del movimento del 68, il Pci non solo non capì nulla o quasi di quello del 77, ma lo demonizzò (in buona compagnia con le Brigate rosse, che quel movimento vedevano come fumo negli occhi perché la sua ala creativa sottraeva loro potenziali militanti della lotta armata). L’onda dei movimenti giovanili – che sempre nasce come forma contestativa – è per sua natura politica, non partitica. Altra – risibile – contestazione alle Sardine, l’opposizione all’opposizione, non al potere costituito nelle forme governative. Risibile perché un bel «No!» a un Hitler crescente (e ancora all’opposizione) avrebbe risparmiato milioni di morti. Salvini non è Hitler. Ma in lui le Sardine hanno visto un pericolo crescente per la democrazia, e hanno detto «No!». Quel «No!» che, urlato in piazza sulle note della rediviva «Bella ciao» ha dato una sveglia a chi – a sinistra – avrebbe dovuto anch’esso uscire dalla piazza (virtuale) dei social e dei talk, per tornare a mettere la propria fisicità (reale) al centro dell’azione politica.