Prima lo sfida a singolar tenzone via Twitter, poi ci ripensa e si sfila tramite Facebook. Luigi Di Maio cambia idea alla velocità del web. E dopo le elezioni siciliane il candidato premier del Movimento 5 Stelle fa marcia indietro: non è più il Pd il competitor dei grillini alle prossime politiche - è il ragionamento - dunque, il duello televisivo col segretario dem può andare a farsi benedire. «Il Pd è politicamente defunto. A quello che leggo oggi sui giornali in interviste di esponenti Pd, non sappiamo neanche se Renzi sarà il candidato premier del centro sinistra», scrive il capo politico pentastellato, prima di disegnare scenari, corroborati da alcune «indiscrezioni» di stampa, secondo cui alla prossima direzione del Nazareno il ruolo del segretario sarà messo in discussione. «Il nostro competitor non è più Renzi o il Pd», sottolinea Di Maio. «Avevo chiesto il confronto con Renzi qualche giorno fa, quando lui era il candidato premier di quella parte politica. Mi confronterò con la persona che sarà indicata come candidato premier da quel partito o quella coalizione». Nel frattempo ha da fare in America: «Sarò a Washington per incontri al Congresso». Chissà come deve esserci rimasto Giovanni Floris che, su richiesta dello stesso vice presidente della Camera, aveva ottenuto l’esclusiva sul confronto, spuntandola su tutte le altre trasmissioni d’approfondimento che avrebbero ospitato molto volentieri l’evento, comprese quelle del servizio pubblico. La risposta di Renzi arriva a stretto giro: «Luigi Di Maio mi ha sfidato a un confronto televisivo. Ha scelto la data, dopo il 5 novembre. Ha scelto la rete TV, La7. Ha scelto il conduttore, Floris. Ha fatto tutto lui», scrive sui social il leader dem, ricordando al suo antagonista di essere stato scelto come guida del partito da due milioni di italiani alle primarie.

«Oggi Di Maio scappa», replica stizzito il capo dei democrat. «Da giorni sapevamo che stavano litigando al loro interno dopo i precipitosi tweet dell’onorevole campano. Che avevano paura. Ma non credevamo che arrivassero al punto di fuggire così». Renzi, in ogni caso, conferma la sua presenza a Dimartedì, dicendosi disponibile a rispondere su tutto: dalla Sicilia alle tasse, dai vaccini alle banche, dall’economia alla politica estera. «Se un leader che vuole governare l’Italia con queste sfide ha paura di uno studio televisivo, semplicemente non è un leader. A domani, alle 21.30, su La7: se Di Maio ha un sussulto di dignità lo aspettiamo in studio. Altrimenti faremo con i giornalisti».

L’esponente grillino non si scompone, non sembra avere alcuna intenzione di presentarsi in Tv. Al massimo potrebbe mandarci Alessandro Di Battista. Ma nessun confronto col segretario Pd, sia chiaro, il centauro pentastellato potrebbe accettare un duello “sfalsato”, non diretto: due interviste separate sugli stessi argomenti. L’ipotesi non è fattibile e mentre in Rete impazza l’hashtag # DiMaioscappa il quartier generale pentastellato fa quadrato attorno alla scelta del capo. Persino l’ortodosso Roberto Fico difende la strategia di Di Maio. «Non è con il Pd che ci dobbiamo confrontare», dice il presidente della Vigilanza Rai. Per il siciliano Manlio Di Stefano, invece, il Movimento non può permettersi di «mettere accanto a un progetto serio come il nostro un confronto con un perdente come Renzi».

La prima fila renziana usa l’artiglieria pesante per rimarcare «la fuga» del candidato premier M5S. «Leggo che Di Maio fugge anche da Renzi. Come è noto, il coraggio non è proprio il suo forte», twitta Maria Elena Boschi che poche settimane aveva sfidato l’aspirante premier grillino a un confronto Tv, ricevendo una risposta che sapeva tanto di palla lanciata in tribuna: «Ok al confronto con Maria Elena Boschi. Però davanti alla sede di Banca Etruria, con la presenza dei risparmiatori truffati e subito dopo il voto in Sicilia», aveva detto Di Maio. E il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, ironizza: «Un amico mi aveva detto “scommettiamo che gli spiegheranno che Matteo Renzi lo asfalta e alla fine annulla? ” Aveva ragione...». E mentre i due partiti non se le mandano a dire, a godersi la scena è il centrodestra, forte di una ritrovata competitività che li ha visti trionfare in Sicilia e al ballottaggio ad Ostia. «Caro Matteo, chi la fa l’aspetti», dice Renato Brunetta. Il capo dei deputati di Forza Italia ricorda che «un anno fa, poche settimane prima del referendum costituzionale del 4 dicembre, erano stati fissati due faccia a faccia tra il sottoscritto, in prima linea per il “No”, e due esponenti di spicco a favore del “ Sì': l’allora premier e segretario dem, Matteo Renzi, e l’allora ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi», insiste Brunetta. E pochi giorni prima dei due eventi, «prima la Boschi e dopo Renzi annullarono i confronti unilateralmente e senza troppe spiegazioni. Un po’ come sta facendo Di Maio in queste ore. In modo ridicolo».