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«Essere soggetti a controlli del governo centrale, e ancor più a trattamenti sanitari obbligatori, evoca immagini orwelliane che pesano molto psicologicamente». Parola di Beppe Grillo, per il quale bilancio delle strategie adottate da gran parte dei paesi occidentali per fronteggiare la pandemia «è deludente». Per il fondatore e garante del M5S, che pubblica un lungo post sul suo blog, uno degli errori commessi è stato quello di «puntare tutto sulle vaccinazioni, quando è ormai evidente che questa sola strategia non possa bastare». Per fronteggiare la pandemia «molti governi hanno considerato con più leggerezza l’introduzione di un obbligo di vaccinazione, che riguarda l’inviolabilità del corpo, che quella di un obbligo di tracciamento, che riguarda la privacy. Nelle restrizioni di questi diritti, ci sono poi due questioni che incidono in modo rilevante sulla loro estensione ed efficacia», scrive Grillo. «La prima», osserva nel post il cofondatore del M5S, «è se debbano sfociare in oneri piuttosto che obblighi: le misure relative al green pass e al super green pass sono oneri per accedere all’esercizio di determinati diritti, analoghi alla necessità di disporre di patente per potere guidare. C’è chi dice che questi oneri siano un modo "surrettizio" per introdurre obblighi, o come direbbero più elegantemente gli economisti anglosassoni, dei "nudge" per esercitare una "spinta gentile" alla vaccinazione; tuttavia è indubbio che un onere, almeno formalmente, preserva la libertà di scelta. Dunque, sul piano delle restrizioni dei diritti umani, l’imposizione di un onere è certamente meno problematica che quella di un obbligo». «La seconda è se debbano competere a scelte del governo centrale o delle organizzazioni e/o delle comunità a cui si riferiscono. Essere soggetti a controlli del governo centrale, e ancor più a trattamenti sanitari obbligatori, evoca immagini orwelliane che pesano molto psicologicamente», rimarca Grillo, che aggiunge: «Viceversa, lasciare decidere alle organizzazioni e/o alle comunità quali misure adottare appare nel pieno spirito di un ordinamento liberale e democratico. Senza contare che la quasi totalità di queste organizzazioni e comunità finirebbe probabilmente per adottare misure ben più restrittive di quelle che potrebbero essere ragionevolmente adottate da un governo centrale». «I paesi che hanno adottato la strategia di contagi zero o tendenti allo zero hanno non solo sofferto un numero molto inferiore di decessi, ma, secondo uno studio di Mckinsey, sono anche ritornati più velocemente alla (quasi) normalità. Tuttavia, con l’arrivo delle ultime varianti molti ritengono che questa strategia non sia più sostenibile, e occorra dunque rassegnarsi all’idea di convivere con una diffusione endemica del virus. L’unico paese al mondo che continua a perseguire questa strategia sembra essere la Cina, anche se la diffusione del virus nei paesi che la hanno prima adottata e poi mitigata resta molto bassa», prosegue l'ex comincio. «Il fatto che la strategia di contagi zero o tendenti allo zero non sia più sostenibile potrà forse consolare i governanti che non la hanno mai adottata, ma il costo che hanno imposto ai loro popoli resta comunque altissimo. Inoltre la convivenza con una diffusione endemica del virus non è risolvibile solo con l’estensione dei vaccini, come sostiene da mesi Luca Ricolfi. Occorrono altre misure restrittive, che sostanzialmente sono versioni più o meno attenuate della strategia di contagi zero o tendenti allo zero. Ciascuna implica limitazioni di diritti umani che nei paesi occidentali sono generalmente considerati "inviolabili", fra cui il diritto all’inviolabilità del corpo, alla libertà di circolazione, alla privacy, e così via. Questi diritti sono fra i capisaldi delle democrazie liberali, e per questo la loro restrizione è estremamente critica», conclude il garante del Movimento 5 Stelle.