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Salvini e Meloni
In ordine di tempo, è la polemica sulla richiesta di rimozione del direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco a evidenziare le crepe che si stanno aprendo nel rapporto tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Ma quel diktat del Carroccio, «Greco va rimosso, è di sinistra e razzista verso gli italiani», non è certo l’unico terreno di scontro tra Fdi e Lega in vista delle Europee. C’è la giustizia, con via Bellerio che vorrebbe pene più severe per stupratori e violenti e Fdi che cerca una difficile mediazione tra questa posizione e il garantismo di Forza Italia, che pure vacilla ( vedi gli emendamenti ritirati sulle intercettazioni); c’è l’immigrazione, con Salvini che spinge sull’acceleratore invitando Marine Le Pen a Pontida proprio nel giorno della visita di Meloni e Ursula von der Leyen a Lampedusa; e c’è il fisco, con il leader della Lega che pretende interventi per decine di miliardi irritando chi deve tenere i conti in ordine ( Meloni) e chi deve trovare le risorse per la manovra ( il “Leghista di governo” Giorgetti).
Insomma, di fronte a tutto questo la querelle sulla rimozione di Greco, uno dei maggiori egittologi del mondo, capace di far lievitare in pochi anni le presenze del museo Egizio di Torino, appare del tutto irrisoria.
Nonostante ciò, Fdi ha tenuto la barra dritta sulla questione, e dopo il silenzio delle prime ore ha fatto rumore la difesa di Greco da parte del presidente della commissione Cultura della Camera, il meloniano Federico Mollicone. Il quale ha voluto specificare che «la maggioranza non vuole rimuovere Greco», come tra l’altro ribadito anche dal sottosegretario Vittorio Sgarbi, il quale ha sottolineato «i numeri» del Museo e di conseguenza difeso le capacità del direttore.
L’orizzonte degli alleati di maggioranza, tuttavia, è comune, cioè le Europee del prossimo 9 giugno, ed è per questo che ciascuno sta tirando acqua al proprio mulino.
Il primo obiettivo della Lega è quello di impedire l’entrata dei Conservatori di Meloni nella maggioranza di governo a Bruxelles, e per farlo deve togliere il maggior numero di voti possibili a Fdi in patria. Come farlo? Polarizzando, anche dal governo, il dibattito pubblico sui temi più “caldi” per l’elettorato, in primis migranti e sicurezza.
E se le nuove regole del codice della strada che inaspriscono le pene piacciono agli elettori, come dimostrato da un sondaggio di Quorum Youtrend, il progetto di guadagnare consenso sulle politiche migratorie è più complicato, visto che l’elettorato di centrodestra sembrerebbe dare fiducia a Meloni e al suo tentativo di rendere il problema migratorio una questione non solo europea ma mondiale, come ribadito anche nel discorso all’Assemblea generale dell’Onu a New York.
Trasferta a New York nella quale la presidente del Consiglio era accompagnata dal ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che ieri è tornato a difendere l’atteggiamento del proprio partito in tema di giustizia, dopo gli emendamenti ritirati alla Camera sul decreto Omnibus in tema di intercettazioni.
«Forza Italia andrà avanti con la battaglia per rivedere il reato di abuso d'ufficio, ha detto ieri in conferenza stampa, «un reato che impedisce a tanti amministratori di fare bene il proprio lavoro».
Secondo il leader azzurro «nessuno vuole essere superficiale, vogliamo solo che le amministrazioni siano efficienti e diano risposte concrete ai cittadini». E rispondendo poi alle critiche sulle frizioni in maggioranza ha sottolineato che Fi lavora «per costruire una grande forza che nell’ambito centrodestra abbia la sua identità», perché «essere alleati non vuol dire essere un solo partito».
Che è un po’ quello che ripete un giorno sì e l’altro pure la Lega, che a Pontida ha ribadito la propria identità, pur all’interno dell’alleanza di centrodestra.
Alleanza che tuttavia potrebbe nei prossimi mesi mostrare cedimenti anche su uno dei punti già divisivi all’epoca del governo Draghi, cioè il sostegno all’Ucraina. Pur avendo sempre votato con il governo, Salvini e la Lega, in particolare il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non hanno mai nascosto il desiderio di affrontare la questione da un altro punto di vista rispetto alla difesa di Kiev fino al bisogno.
E visti gli attriti degli ultimi giorni tra Ucraina e Polonia, derivanti anche dal prossimo voto nazionale a Varsavia, chissà che proprio questo, in vista delle Europee, sia il vero banco di prova per la tenuta della maggioranza.