A dare tutte le garanzie del caso, su quella che è diventata una battaglia politica tra il leader M5S Giuseppe Conte e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, a capo del Giurì d’onore sul Mes.

«Da un punto di vista pratico, esaurite le audizioni, la commissione di indagine è come se entrasse in una camera di consiglio che si prolungherà fino a quando non verrà letta la relazione in aula - ha spiegato Mulè - È noto che in camera di consiglio tutto deve essere riservato e per questo motivo l’obbligo di riservatezza è, ove possibile, ancora più rafforzato d’ora in avanti». Alla domanda se peserà nella decisione l’orientamento politico dei commissari, il presidente della commissione di indagine risponde: «La terzietà e l’imparzialità dei componenti della commissione per la responsabilità alla quale sono stati chiamati rappresenta la condizione primaria per svolgere correttamente il lavoro» e «da questo punto di vista non ho dubbi che l’analisi di ognuno dei commissari sarà uniformata unicamente a una serena e indipendente valutazione dei fatti».

Oltre a Mulè, a comporre il Giurì d’onore sono Fabrizio Cecchetti della Lega, Alessandro Colucci di Noi Moderati, Stefano Vaccari del Pd e Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi Sinistra. Dopo l’audizione di giovedì dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durata oltre un’ora e mezza, oggi è stata la volta dell’inquilina di palazzo Chigi, che si è trattenuta davanti alla commissione per circa un’ora. Meloni si è presentata senza documenti (a differenza delle 100 pagine portate da Conte) e ha ribadito quanto già dichiarato in Aula a dicembre, «una ricostruzione dei fatti talmente lineare da non necessitare di alcuna documentazione aggiuntiva a supporto», spiega un fedelissimo. Punto centrale della difesa di Meloni è il fatto che non c’è mai stata una maggioranza parlamentare favorevole alla riforma del Mes, e che quindi la sottoscrizione fatta da Conte non è giustificabile.

All’uscita la presidente del Consiglio non ha rilasciato dichiarazioni, mentre Mulè ha escluso, al momento, la possibilità di sentire nuovamente i due protagonisti della vicenda. «Una volta approfondite le carte, la commissione redigerà una relazione che sarà sottoposta all’Aula entro il 9 febbraio secondo il mandato del presidente Fontana», ha aggiunto l’esponente forzista. Relazione sulla quale «non ci sarà né una discussione né una votazione - chiarisce Mulé - verrà letta in Aula, che ne prende atto», perché «è il Giurì che dirime la questione».

Il vicepresidente della Camera ha poi specificato che «il Giurì deve giudicare la fondatezza di dichiarazioni che Conte ritiene false, giudicare dunque la fondatezza di quello che la presidente del Consiglio ha detto in Aula», compresa l’accusa rivolta al leader del M5S di aver agito «col favore delle tenebre».

Chi critica il gioco delle parti davanti al Giurì è il leader di Azione, Carlo Calenda, secondo il quale «la cosa surreale è che questa disfida del Gran Giuri avviene tra due leader di partito che alla fine hanno votato esattamente allo stesso modo sulla ratifica del Mes». Ciò dimostra «la dimostrazione di una politica fondata sul nulla e sulla mancanza di senso del ridicolo», aggiunge Calenda su twitter.

Domani la presidente del Consiglio volerà a Istanbul, attesa a cena dal Presidente Recep Tayyip Erdogan. Dopo i colloqui tra i due leader a margine degli incontri multilaterali di Bali, Vilnius, New York e Dubai, si tratta della prima visita in Turchia per Meloni, in una missione che punta a confermare la «strategicità del partenariato, a livello bilaterale, in ambito Nato e nel bacino Mediterraneo», rimarcano fonti diplomatiche italiane.

Al centro del confronto il rafforzamento delle relazioni economiche bilaterali e l'organizzazione della prossima Commissione congiunta economica commerciale ma anche il percorso di rafforzamento della collaborazione in ambito migratorio. Centrale, naturalmente, il dossier sugli scenari di crisi, ovvero la guerra a Gaza e l'invasione russa contro l’Ucraina, anche alla luce della Presidenza italiana G7.