Era il partito liberale di massa. Un’utopia, a suo modo, che poteva reggere solo grazie a un fenomeno irripetibile come Berlusconi. Forza Italia, scomparso il suo leader, sembrava destinata all’estinzione. Ma altro che. Un colpo di reni notevole, considerata l’astensione che certo non ha risparmiato gli elettori moderati: 9,6%, senza arretrare nei numeri assoluti (com’è invece avvenuto persino a FdI) e Lega scavalcata.

E allora, la rinascita, anzi la nuova vita post berlusconiana di FI si spiega solo con l’emancipazione da Silvio. Con l’approdo a una nuova dimensione da partito moderato favorita anche dal venir meno del peso, del carisma e dell’immagine debordante del vecchio capo.

Berlusconi non poteva certo essere considerato un moderato secondo l’accezione classica del termine. Anzi, a suo modo è stato un estremista: nel linguaggio, nella sua larvale vocazione antipolitica, nella sua anomalia di super-tycoon sceso improvvisamente in campo. Forza Italia è stata un partito di grandi consensi da metà anni ’90 fino alla prima decade dei Duemila perché era l’unica solida alternativa al centrosinistra e l’unico plausibile surrogato della Dc e del pentapartito. Oggi il movimento guidato da Antonio Tajani ha davanti a sé un presente e un futuro da vero partito moderato. Forse non propriamente di massa, forse mai destinato agli orizzonti ecumenici della Dc né alla popolarità straripante del Cav, ma comunque credibile, solido e “rassicurante”, secondo l’aggettivo usato di più, dagli azzurri, in campagna elettorale.

Certo, è spiazzante riconoscere che solo senza Berlusconi si poteva davvero, e a pieno titolo, apparire moderati, ma è così. Tajani e gli altri non lo ammetteranno mai, per rispetto e per “devozione filiale”, ma solo adesso possono proporsi nella loro “nuova” veste.

Ed è una sorpresa – questa forza moderata che conosce nuova vita anche grazie alla scomparsa del proprio leader – che viaggia, almeno in parte, in parallelo con la nuova prospettiva del garantismo. Solo ora che non c’è Silvio, in Italia si è liberi di impegnarsi in battaglie garantiste senza essere accusati di condurle per il mero interesse personale del capo. Solo ora la battaglia per un diritto penale liberale vero e per un ridimensionamento del potere “politico” dei pm è praticabile senza suscitare sospetti persino in quella parte di elettorato potenzialmente sensibile al tema.

Strano destino, certo. Ma chissà che Berlusconi, pur senza ammetterlo, non avesse intuito lui per primo che sarebbe finita così.