Ci sono due immagini trash che ci assillano. Una è il fantomatico vademecum della marina borbonica, “Tutt’ chill’ che stanno a prora vann’ a poppa e chill’ che stann’ a poppa vann’ a prora”. Un falso storico condensato nel motto di per sé immortale “Facit’ ammuina”. L’altra immagine è ancora più trash, anche perché più di nicchia: il mitico Lino Banfi alias Oronzo Canà che ne “L’allenatore nel pallone” spiega il 5– 5– 5 alla squadra: “I 5 che stanno avanti vanno dietro, i 5 dietro avanti e gli avversari non ci capiscono più niente”, e il capitano ribatte “neanche noi, mister”. Si può sceglie- re, fa lo stesso: il delirio di queste ore su garantismo e giustizialismo non si spiega in altro modo se non con il trash. È bastato che la solita sputtanopoli schizzasse di fango i cinquestelle per mandare tutto all’aria. Tutti gli schemi. Vecchi e nuovi. Basta leggere gli editoriali e viene il mal di mare. Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, sincero garantista e forse incline a una legittima simpatia per il Movimento, se la prende addirittura con i radicali, anzi sfiora l’improperio e li derubrica a “ciò che resta di loro”, che – accusa – “si è tristemente adeguato al clima di ipocrisia, ai princìpi della doppia morale: indulgente per noi, severa e inquisitoria con gli altri”. Mistero. Forse c’è di mezzo un generico risentimento per altre diserzioni garantiste in atto, rancore che nella foga viene scaricato su chi non c’entra nulla.

Ma com’era già successo all’epoca del caso Marra, in questi tornanti della storia il top sono gli editoriali di Marco Travaglio. Che se la prende con la «società civile» . Se Lanzalone, campione di «curriculum e competenza», si è rivelato non impermeabile «alla corruzione, ai conflitti d’interessi o ad altre tentazioni», è perché le tentazioni sono ineluttabile incrostazione della società. Ma come, ma non si era sempre detto che politici e affaristi brutti sporchi e cattivi erano un’armata aliena piovuta dalle tenebre a infettare la purezza dei cittadini? Travaglio è impeccabile nel modo garbato in cui presume la non colpevolezza come da art. 27: non esclude che le condotte di Lanzalone siano «corruzione», come dice Ielo, chiosa solo che «già fin d’ora si può parlare di conflitto d’interessi». E chi l’ha vista, tanta prudenza, quando c’era di mezzo quel poveret- to di Tiziano Renzi?

Vabbè. D’altra parte il direttore del Fatto quotidiano deve incassare gli sfottò del collega alla guida del Giornale, Alessandro Sallusti, che in fondo dice pure cose sensate ma alla fine non si trattiene: «Da “onestà, onestà” a “omertà, omertà”», è lo sghignazzo con cui sistema i grillini travolti da stadiopoli. Infine Giuliano Ferrara. Uno lo legge e capisce che la confusione è massima, come sulle fantomatiche navi di re Franceschiello. Dopo lustri in cui è stato un faro per gli sparuti cultori dello Stato di diritto, il fondatore del Foglio non solo fa la giravolta ma ne rivendica pure il tasso acrobatico. Anzi, chiama a raccolta gli ex compagni garantisti: «Denunciare la “fuffa” del caso Parnasi– Lanzalone– Giorgetti– Raggi– Di Maio? Ma manco morto! Viva la lotta dura, se serve a restringere questi fascistelli! ».

Quando è troppo è troppo. Davvero non ci si capisce nulla. Viene nostalgia degli anni bui della Procura di Mi- lano, delle decine di milioni di euro spese per scovare inesistenti malefatte berlusconiane, viene la nostalgia persino del massacro di Consip contro il surrogato del Cavaliere, cioè Renzi. Era tutto più semplice: quelli che dovevano stare a prua là restavano e viceversa, berlusconiani e renziani da una parte a fare i garantisti, cinquestelle dall’altra a brandire le manette. Così non va bene. Veramente ci si può aggrappare solo al trash. E Ferrara, maestro anche tra i marosi, ce ne regala a sua volta una perla: «Io con Bracardi, maestro di virtù e fondatore del Fatto quotidiano, non posso non gridare: in galeeeeeera! Non possiamo non dirci bracardiani». Meraviglioso. Folle ma meraviglioso.