Malumori, scontri e idee diverse. In Lega, però, la parola d’ordine, per tutti, è quella di tenere il profilo più basso possibile, non dando nessuna sponda a chi dipinge il partito di Matteo Salvini in guerra. Con i governisti convinti (Giancarlo Giorgetti e i presidenti delle regioni guidate dal Carroccio, a partire dal Veneto di Luca Zaia e dal Friuli di Massimiliano Fedriga), da una parte e i vari Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Armando Siri e Roberta Ferrero, da sempre critici sulle misure "restrittive" del governo, sia sul green pass, che sulla vaccinazione per tutti, sul fronte opposto. Senza contare l’addio di Francesca Donato maturato nelle ultime ore. «Il green pass è lo strumento che ci consente di tenere aperto quello che un anno fa veniva chiuso. Significa poter garantire a chi ha attività economiche che non chiuderà e a chi vuole investire che potrà farlo senza problemi. Dobbiamo mandare un messaggio chiaro al Paese, assicurare la certezza che il rispetto delle prescrizioni comporta il beneficio di riacquistare piena libertà», spiega Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia-Giulia. «Dobbiamo convincere i cittadini a vaccinarsi, ma senza condannare chi ha paura altrimenti rischiamo di schiacciarlo verso la parte no vax. Nel primo partito d’Italia è normale che ci siano correnti diverse, ma dentro la Lega non c’è spazio per i no vax”», ha tagliato corto il governatore. Fatto sta che Salvini, dopo aver cercato di mantenere unito il partito, non senza equilibrismi e cambi di parere repentini, deve prender atto della mossa di Donato, eurodeputata e volto noto della Lega, paladina del no al certificato verde, che da oggi non è più nel gruppo. «Non potevo continuare ad ignorare il malessere mio e di tante donne e uomini del partito davanti allo scempio delle scelte liberticide del governo Draghi», ha spiegato. Per lei possibile un prossimo ingresso in Fdi («Meloni è coerente»), oppure in Italexit di Paragone. Minimizza Salvini: «Chi va via lo ringrazio, lo saluto e tanti auguri», dice a Siena, tagliando corto. Retroscena sull’addio di Donato parlano di una trattativa non andata a buon fine. A Strasburgo le era stato chiesto di aspettare il voto delle amministrative prima di fare il passo indietro, evitando di dare agli elettori l’immagine di un partito diviso. Ma lei ha scelto diversamente.  Dura la replica dei vertici leghisti in Ue: «Proseguiamo il nostro lavoro e non diamo adito alle polemiche di chi, dopo aver messo in cattiva luce la Lega per giustificare il suo abbandono, getta discredito sui colleghi. Nel nostro gruppo non c’è spazio per chi agisce in questo modo», scrivono Marco Zanni, presidente del gruppo Ide Marco Campomenosi, capo delegazione Lega. L’addio di Donato, segue di qualche mese quello del collega Vincenzo Sofo, scettico della prima ora sul governo Draghi, che sbatte la porta dopo il voto di fiducia della Lega a Draghi, lo scorso 18 febbraio. In quella occasione anche il deputato Gianluca Vinci, in dissenso dal partito votò contro il nuovo governo. Sia Sofo che Vinci hanno trovato posto in Fdi. Ora l’attenzione è alta sugli altri "frondisti" del partito. I nomi sono quelli della foto di piazza del Popolo, dello scorso 28 luglio, in cui i vari Bagnai, Borghi, Siri, Pillon e Ferrero si sono "mischiati" con il popolo no-vax e no-green pass. Il responsabile economico della Lega, il senatore Bagnai fa sapere di essere al lavoro su altro: «Mi occupo di temi fiscali», scandisce a chi gli chiede del green pass. Silenzio da parte degli altri, che non sembra vogliano affatto voler seguire l’esempio di Donato. A metterlo nero su bianco è la senatrice Ferrero, già al centro delle polemiche per il convegno no-vax del Senato: «Quella della Donato è una scelta legittima, ma io voto Lega da quando avevo18 anni», dice la senatrice torinese, ribadendo che però il leader è «solo Salvini. Punto». Anche sul referendum anti green pass dalle parti di via Bellerio prevale lo scetticismo, nessuno vuole muoversi. «I referendum come i voti di fiducia li lanci quando sei sicuro di vincerli, altrimenti sono solo un boomerang», spiega una fonte beninformata, rivelando il sentiment prevalente, anche tra i più critici con la linea del governo. Intanto alla Camera, al gruppo leghista si attende con impazienza il voto del 3 e 4 ottobre. «Il clima è quello del 2012 - fa sapere una fonte ben informata che preferisce l’anonimato -. Un clima che ricorda la vigilia della "notte delle scope"…», dice ancora ricordando la rivolta contro Bossi, il 10aprile del 2012, a Bergamo, guidata da Maroni.