«Bisogna premiare i Comuni che ospitano i migranti. Noi da gennaio a maggio abbiamo accolto 7mila persone». Giuseppe Falcomatà, 34 anni a settembre, è il giovanissimo sindaco di Reggio Calabria, uno degli approdi più gettonati per la navi cariche di donne e uomini in fuga da guerre o fame. «Noi sindaci facciamo uno sforzo enorme per far fronte all’emergenza, ma per risolvere il problema serve l’impegno di tutti», dice il primo cittadino membro della direzione nazionale del Pd.

Sindaco, come si dovrebbero premiare i Comuni più interessati dall’accoglienza?

Prevedendo meccanismi di detassazione, altrimenti i cittadini vivono solo il disagio dell’accoglienza. Ad oggi sono previsti risarcimenti solo per eventuali danni subiti dalle strutture destinate all’ospitalità, ma si tratta di indennizzi che arrivano dopo parecchio tempo e i cittadini non avvertono il contributo dello Stato. Bisogna ridurre o sospendere la parte di tributi locali destinati allo Stato. In questo modo la gestione dell’emergenza sarebbe meno gravosa per i sindaci e incontrerebbe meno ostilità da parte dei cittadini.

Basterebbe questo per risolvere il problema?

No, perché il peso dell’accoglienza non può ricadere solo sulle città di sbarco. L’intensità degli arrivi di migranti nei i primi mesi di quest’anno ha messo a dura prova le nostre strutture e il nostro sistema di gestione. Bisogna individuare, come sta facendo il ministro dell’Interno Marco Minniti, altri porti su tutto il territorio nazionale, alleggerendo il peso di quelle quattro o cinque città in prima fila e coinvolgendo tutte le regioni.

Oltre che per la questione migranti, nei giorni scorsi lei è finito al centro delle cronache nazionali per aver “licenziato” dalla sua Giunta un dirigente del suo partito: Angela Marcianò, assessore ai Lavori pubblici e membro della segreteria nazionale del Pd nominata da Renzi. Cosa è successo?

Ho fatto un solo rimpasto in due anni e mezzo, che ha riguardato tre assessori su dieci. Un sindaco decide di sostituire alcuni assessori se ritiene che alcuni settori siano più indietro di altri e rischiano di mortificare il programma su cui i cittadini hanno dato la fiducia al sindaco.

Dunque è venuto meno il rapporto fiduciario?

Nel momento in cui viene meno il gioco di squadra e vengono bypassate alcune regole di comunicazione il sindaco ha diritto di fare le qualcosa, come entrare in segreteria nazionale. Il mio nome, insieme a quello di altri sindaci, circolava sui giornali perché in un primo momento sembrava prevalesse l’idea di dare spazio agli amministratori locali. Poi quell’idea è cambiata, aprendo il partito a esponenti della società civile, e a me va benissimo.

Ma è normale che in segreteria sieda un non iscritto?

Chi decide di iscriversi a un partito lo fa perché si ritrova in una comunità che condivide dei valori. Per questo non possiamo far passare il messaggio che destra e sinistra sono due concezioni anacronistiche. Non è così sul piano dell’accoglienza, dell’ambiente, del lavoro, della sanità. Ci sono mille mondi in cui destra e sinistra hanno visioni diversi. Sostenere una cosa del genere è pericoloso. E guidare un partito senza farne parte è come essere amministratori di una società a responsabilità limitata senza esserne soci. Il requisito minimo per dirigere un partito credo sia quello di farne parte, ma non lo dico io, lo dice lo statuto del Pd.

Questa anomalia è venuta alla luce dopo la sua segnalazione. Come è possibile che prima nessuno se ne fosse accorto?

Non credo che chiedano di mostrare la tessera al momento della nomina in segreteria, ma se quando il problema emerge non si adottano i correttivi dovuti è preoccupante per l’immagine del partito stesso. A mio avviso Renzi ha fatto bene a scegliere persone provenienti dalla società civile, però bisogna portare questa società civile