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La premier Giorgia Meloni
Il braccio di ferro sulla tassa per gli extraprofitti delle banche non è finito: è appena cominciato. Si capisce bene perché Giorgia Meloni e Matteo Salvini, dopo aver deciso il blitz a pranzo in una trattoria toscana, abbiano evitato ogni anticipazione impedendo così, caso più unico che raro nella politica italiana, la tradizionale fuga di notizie.
In caso contrario il provvedimento sarebbe stato probabilmente bloccato in qualche modo prima di arrivare al Cdm. Ora l’obiettivo non può che essere diverso. La retromarcia non è pensabile ma si può intervenire per smussare, alleggerire, depotenziare ed è quello che stanno facendo le banche e i numerosi poteri vicini, sia interni che esterni alla politica. Il primo intervento è sul testo del decreto. È stato annunciato, non presentato.
Di nero su bianco non c’è nulla e molto può ancora cambiare. Poi ci sarà la conversione in Parlamento e Forza Italia ha già fatto capire che potrebbe presentare emendamenti significativi. In ogni caso le pressioni, coadiuvate on notevole potenza dal tonfo dei titoli bancari in borsa di martedì, un risultato concreto e di enorme portata lo hanno già ottenuto: la nota diramata dal Mef nella serata di martedì, quella che fissa comunque un tetto al prelievo che non dovrà superare lo 0,1 per cento del totale attivo, ridimensiona drasticamente la portata del provvedimento. Secondo le stime delle banche stesse il ricavato del prelievo passa da 4,5- 5 miliardi a 2 miliardi di euro. Gli istituti hanno tirato un sospirone di sollievo. I titoli in borsa hanno ripreso a correre.
Non significa che le banche e i loro referenti politici intendano accontentarsi. È significativo il silenzio dei principali istituti di credito: invece che ingaggiare una guerra aperta hanno scelto di trattare, passando essenzialmente per i rapporti diretti tra il vicepremier forzista Tajani e il presidente dell’Abi Patuelli, peraltro ottimi amici. È vero che l’ad di Intesa- San Paolo Carlo Messina, nell’intervista al Corriere della Sera del 28 luglio scorso, aveva lanciato messaggi che sembravano indicare una certa disponibilità: «Il primo semestre di quest'anno è il migliore di sempre. Tutte le divisioni hanno raggiunto risultati eccezionali. Questo è il momento di dare». Su questa base le banche mirano a intervenire prima di tutto sul testo del decreto, per restringerne ulteriormente la portata e limitare ancora di più il danno.
La sponda politica è essenziale, sia in questa fase che in quella del passaggio parlamentare, e non possono certo bastare le due anime del Terzo Polo, l’unica forza in Parlamento schierata apertamente contro la scelta del governo. Il discorso cambierebbe e probabilmente cambierà se ai centristi di Calenda e Renzi si aggiungessero quelli interni al centrodestra, Forza Italia insomma. La prima reazione del capogruppo Barelli era stata palesemente ostile: «Il governo avrebbe dovuto valutare meglio». Poi si è corretto. «Presa la decisione i proventi devono ora andare al taglio del cuneo fiscale», ma il segnale era stato lanciato. Tajani, il capo, a botta calda aveva plaudito a una scelta che «corregge gli errori della Bce». Poi però l’entusiasmo si è raffreddato e per diversi motivi, non solo per le pressioni dell’Abi. Il leader di Fi è stato tagliato fuori da una decisione presa dai due alleati senza consultarlo e ovviamente non ha gradito.
Per Tajani, che non deve vedersela con componenti interne “populiste”, o più semplicemente un po’ attente al sociale, l’occasione per occupare lo spazio più apertamente liberista è inoltre preziosa. Ma soprattutto la costituzione di un’area centrista interna/ esterna alla destra, giocando di sponda con Renzi, aumenterebbe di molto il potere di condizionamento e di conseguenza anche la visibilità dell’esangue partito azzurro. Tajani, inoltre, potrebbe contare sulla solidarietà più o meno esplicita di una parte della Lega, a partire dal ministro dell’Economia Giorgetti, ma anche dell’area Pd scontenta dalla svolta “a sinistra” della segretaria.
La tentazione di mettersi di mezzo, senza chiedere un ritiro oggi impossibile della tassa, è dunque fortissima e aumenterà nei prossimi giorni, via via che la lobby delle banche organizzerà e strutturerà la sua controffensiva.