«Con la Russia i rapporti sono buoni: per dare idea dell’attenzione che c’è su di noi, io sono stato il terzo a prendere la parola», parola di Manlio Di Stefano, deputato del Movimento 5 stelle. Mentre a Bruxelles si discute di Brexit, i grillini volano a Mosca per partecipare al congresso di Russia Unita. Il partito di Vladimir Putin ha invitato loro e la Lega di Matteo Salvini che ha dichiarato entusiasta: «I burocrati di Bruxelles pensano a prolungare le assurde sanzioni. La Lega si opporrà in ogni sede contro questa decisione. Su questi argomenti con i Cinque Stelle si può fare battaglia comune». Perché in attesa di scalzare il Pd alle prossime Politiche, i pentastellati si allenano nelle relazioni internazionali, seguendo lo schema tipico del grillismo, capace di dialogare con tutti: dal presidente russo, all’ambasciatore statunistense a Roma, passando per la Trilateral. Per scegliere una linea precisa ci sarà sempre tempo. Del resto, la politca dei “vari forni” finora si è dimostrata la più remunerativa in termini elettorali. È grazie a questa strategia se Luigi Di Maio e compagni oggi possono dire con leggerezza: «Uscire dall’Ue non è mai stato nei nostri programmi. L’esistenza di un gruppo del M5S in parlamento europeo e il nostro gruppo che cerca di fare pressioni sul governo italiano dimostrano che crediamo ancora nel progetto politico dell’Europa. Questo è un momento in cui l’Ue ha avuto lo scossone che si meritava. O lo coglie o non saranno i referendum a dissolvere l’Ue ma si dissolverà da sola. Per fortuna siamo ad un momento prima». L’importante è cambiare posizione senza dare troppo nell’occhio. Eppure, su Nigel Farage, poco più di un anno fa, Beppe Grillo si esprimeva in questi termini: «L’alleanza tra di noi, qui all’Europarlamento va benissimo: sull’Europa abbiamo la stessa visione, il nostro obbiettivo comune è ottenere la democrazia diretta». Ma se la “democrazia diretta” spaventa i mercati e gli elettori, i grillini sanno smussare gli angoli velocemente. «Se il vento cambia, loro se ne accorgono grazie all’analisi dei “sentiment” in Rete, proprio come faceva Berlusconi coi sondaggi», dice Giovanni Favia, ex consigliere regionale del Movimento 5 stelle e tra i primi espulsi via web. «Nel caso del referendum britannico, avevano già intuito che ci sarebbe stata una reazione negativa da parte dei cittadini e hanno cambiato parere in corsa. Nell’epoca della democrazia del “pubblico”, fanno poltica col marketing». La volatilità delle posizioni, secondo Favia, è anche favorita dall’assenza di un vero leader carismatico. «Grillo ormai non scrive neanche più i post sul Bolg. Da quando è scomparso Gian Roberto Casaleggio, il Movimento è finito nelle mani di Di Maio che, annullando definitivamente le distinzioni tra destra e sinistra, ha creato il vero partito della nazione».E sono in molti a credere che i 5 stelle possano fare a breve altre giravolte. Soprattutto sull’Italicum, la legge elettorale a doppio turno che assicura un cospicuo premio di maggioranza alla lista che avrà ottenuto più voti. Ufficialmente i grillini hanno sempre contrastato la legge voluta da Renzi, ma nel tempo potrebbero aver cambiato idea. Soprattutto dopo il test elettorale delle Amministrative che ha messo in mostra la competitività del partito di Grillo ai ballottaggi. Già a dicembre scorso, tra il serio e il faceto, il Movimento presentò un ordine del giorno al ddl Boschi per chiedere, testualmente, l’impegno del governo «ad astenersi dall’adottare iniziative legislative recanti proposte di modifica della disciplina elettorale per l’elezione delle Camere una volta giunti all’approvazione della riforma costituzionale». Firmatario dell’odg: Alessandro Di Battista. Subito dopo arriva la precisazione di Danilo Toninelli: «Ci sono dei ragazzi che vanno alla scuola dell’infanzia e magari alle prime elementari che avrebbero capito più facilmente che questo era un ordine del giorno provocatorio». Magari potrà tornare utile in futuro. Ma proprio adesso che i detrattori dell’Italicum si sono moltiplicati all’interno di tutti gli schieramenti, i 5 stelle non sembrano più così ostili nei confronti della legge elettorale. «Credo che l’Italicum sia un pericolo perché consegnerebbe il Paese nelle mani di chi non ha un gran rispetto nei confronti delle minoranze», continua Favia. «Spero che il Pd, che ha già fatto un gran favore a Grillo concedendo una deroga sulla democrazia interna ai partiti, non commetta altri errori».