Spaventata dall’astensionismo che minaccia di svuotarle i forzieri elettorali, Giorgia Meloni ha negli ultimi giorni più volte fatto risuonare la sirena d’allarme: «Andate a votare, non girate la testa dall’altra parte. Ricordatevi che anche se voi non vi occupate dell’Europa l’Europa si occupa di voi». Parole certo non disinteressate ma vere. Le elezioni di oggi e domani non sono solo un gioco di società, come pure a volte sembrerebbe osservando il circo mediatico. Il loro esito influirà sulla situazione interna italiana per vie diverse e quella più palese e vistosa, le ricadute del "sondaggione" sugli equilibri politici, non è affatto la principale.

Un po’ c’è anche questo, soprattutto se ci dovessero essere grosse sorprese. Un trionfo della Lega o di Fi modificherebbe davvero il quadro interno della maggioranza. Un tonfo della premier o di Elly Schlein le renderebbe molto meno forti all’interno, rispettivamente, della coalizione di centrodestra o del Pd. Ma questo solo in presenza di esiti fortemente diversi dalle previsioni. Su alcune questioni, in particolare su quella centrale della guerra in Ucraina, il responso delle urne inciderà comunque e forse a fondo: sono in campo, a destra e a sinistra, forze politiche che hanno fatto del pacifismo, in concreto della sospensione dell’invio di armi a Kiev, il loro baluardo. Nel caso del Pd la situazione è più confusa, essendo presenti in quel partito posizioni opposte, ma il conto si potrà fare sulle singole candidature di spicco. Se le urne rifletteranno un’opinione pubblica fortemente contraria a proseguire nella politica imboccata oltre due anni fa da Draghi e confermata da Meloni, il governo non potrà non tenerne conto.

Ma questo è ancora il meno. La posta davvero pesante è il quadro europeo che si comporrà dopo il voto e del quale le elezioni sono solo una componente, per quanto certo non secondaria. Ma l’Europa non è l’Italia. A dettare gli equilibri, indicando il prossimo presidente della Commissione europea, sarà il Consiglio europeo, cioè l’assemblea dei capi di governo nella quale il peso della Francia e della Germania fa premio su quello di tutti gli altri. Il Parlamento eletto in questi giorni dovrà confermare o bocciare la scelta in seguito. Ma il Consiglio sarà a propria volta necessariamente condizionato dal verdetto dei cittadini europei.

Le sorprese sono sempre possibili ma quasi sempre improbabili. Se le previsioni unanimi saranno rispettate il segno di queste elezioni sarà un’avanzata quasi travolgente delle destre: quella più radicale di Identità e Democrazia, quella più diplomatica ma solo in apparenza più moderata dei Conservatori europei, quella decisiva e determinante interna al Ppe, cioè all’eurogruppo che certamente si confermerà come il più forte a Strasburgo.

Di fronte a questa avanzata i capi di governo, con Scholz e Macron in primissima fila, e i partiti che sin qui hanno egemonizzato sempre il quadro europeo, i Popolari e i Socialdemocratici, dovranno scegliere tra due indirizzi opposti, ognuno dei quali presenterà poi distinte sfumature. Potranno scegliere la strategia del cordone sanitario, tenere cioè fuori e ai margini tutte le destre. Oppure potranno optare per l’apertura, le trattative, gli accordi separati, il tentativo di dividere un blocco delle destre che sconta già in partenza divisioni profonde, sulla tattica se non sulla strategia, sia tra i due eurogruppi che all’interno di ciascuno.

Nel primo caso la premier italiana e con lei tutto il Paese si ritroveranno alle prese con un’Unione europea più ostile e con un governo che, inevitabilmente, verrà sbilanciato a favore della linea Salvini. Nel secondo Giorgia sarà, come nelle previsioni dell’Economist, figura centrale in Europa, forse king maker nella partita della presidenza, come ambisce a essere, e ciò condizionerà sia i rapporti tra Unione e Italia, sia le scelte politiche della premier e del governo. Ma a decidere saranno in buona parte, anche se non solo, gli elettori: per tentare di isolare e rendere così effimero il successo della destra Socialisti, Popolari e Liberali devono avere i numeri e non è detto che basterebbe un margine molto stretto. E saranno gli equilibri complessivi a far pendere da una parte o dall’altra la partita decisiva: quella che si gioca all’interno del Ppe.