Rottamare Articolo 1 per costruire un nuovo contenitore a misura di Roberto Speranza e Giuseppe Conte. È questa l’idea che comincia a farsi largo nel movimento nato dalla scissione dal Pd, dove molti sono convinti dell’opportunità di capitalizzare al massimo l’insperata popolarità del ministro della Salute, guadagnata sul campo della gestione emergenziale.

Il progetto, al momento, è solo un’ipotesi, un piano B subordinato a una variabile: la tenuta del governo. I bersaniani infatti non hanno alcuna fretta di tornare alle urne, ma qualora la situazione precipitasse, la ciambella di salvataggio da lanciare al premier consentirebbe a tutti di restare a galla. L’idea è di creare quella che già chiamano «lista del buon governo», guidata dal ticket Conte- Speranza, che si presenti agli elettori con in piedi piantati nel campo progressista, in alleanza con i dem e con eventuali pezzi di Movimento 5 Stelle andati alla deriva. A rendere possibile l’operazione: la credibilità del ministro della Salute, costruita mattone dopo mattone nei mesi del lockdown. Quella stessa credibilità che nel picco della pandemia ha fatto balzare il mite Speranza al terzo posto della classifica di gradimento degli italiani, secondo alcuni sondaggi, alle spalle dei soli Conte e Zaia, più avanti dei vari Salvini, Meloni e Di Maio. Giorno dopo giorno, il giovane ministro potentino si è guadagnato la fiducia del presidente del Consiglio, trasformandosi, nei momenti più difficili per la maggioranza, nel mediatore più leale al premier. Non c’è stato scontro - tra Francesco Boccia e i governatori, tra il Pd e il M5S, tra Teresa Bellanova e Vito Crimi - che non abbia visto Speranza nel ruolo di tessitore dialogante. Una piacevole sopresa per Conte che, intento a parare i colpi di tutti gli alleati, ha trovato per la strada il suo “Franceschini”.

Ma ancora più piacevole deve essere stata la sorpresa per Bersani e compagni, fino a poco tempo fa costretti a scegliere tra un ritorno nel Pd e un’alleanza incerta con Fratoianni, adesso rinfrancati dalla terza via. Leu, del resto, è ormai un contenitore vuoto, una mera sigla, utile solo a tenere in vita un Gruppo parlamentare con i relativi vantaggi. Perché nella sinistra “radicale” ognuno fa per sé già da parecchio tempo. A tenere alto il vessillo di quella che fu la lista elettorale del 2018 è rimasto praticamente il solo Piero Grasso, gli altri hanno scelto di ripiegare su progetti meno inclusivi.

E Articolo 1 ora sogna un nuovo percorso. È in questa prospettiva che vanno lette le quotidiane lusinghe al premier provenienti dai dirigenti più illustri del piccolo partito. A cominciare da Pier Luigi Bersani, uno dei maggiori estimatori del lavoro di Conte. «Chi fa sbaglia. Solo chi chiacchiera non sbaglia mai. Ricordo anche che questa è la baracca italiana, eh. Conte sta guidando una Panda quando ci vorrebbe una Ferrari», ripeteva Bersani solo due giorni fa in Tv, intervistato da Lilly Gruber, prima di puntare il dito contro Matteo Renzi per i continui attacchi al presidente del Consiglio. O ancora: «Conte non gode di buona stampa. In ambienti democratici si ritiene molto transitorio questo governo e lui è stato considerato all’inizio un vuoto a perdere. Io ho una mia idea: Conte appare come uno che ragiona un pò in autonomia, è uno che non ha il guinzaglio corto» ( Bersani, 22 maggio). Se non è una dichiarazione d’amore, poco ci manca.

D’altronde non è un mistero che per l’ex ministro dello Sviluppo economico l’anima grillina abbia una radice progressista. Bersani ne è convinto almeno dal 2013, quando accettò di essere messo alla berlina in diretta streaming da Vito Crimi e Roberta Lombardi, pur di tentare di formare un governo col Movimento 5 Stelle. E nonostante il fallimento dell’impresa, l’ex segretario dem non ha mai cambiato idea. Come non ha mai avuto dubbi anche il vecchio compagno di partito Massimo D’Alema, che al varo del secondo governo Conte dichiarava: «È lo sbocco naturale di un impasse. Si è imbccata una strada che era naturale fin dall'inizio».

Adesso i fatti sembrano dare ragione ai due vecchi leader, che hanno trovato in Conte la chiave per scardinare il mondo pentastellato e costringerlo a una scelta di campo. La struttura organizzativa di Articolo 1 è già pronta per essere affidata al premier e al ministro della Salute. Sempre che il governo venga “abbattuto” e l’avvocato del popolo accetti di gettare il cuore oltre l’ostacolo.