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Dunque si continua così, tra enfatiche baruffe social- propagandistiche di stampo elettorale che producono impalpabili mediazioni con il dono di apparire e scomparire più veloci della luce. Per poi infine sfociare in paralizzanti nulla di fatto inseriti nel quadro di corpose impasse. Era successo con il Tap e l’Ilva; adesso pare che tocchi alle Autonomie ( più o meno rafforzate) e alla Tav: ma forse anche no; chissà, aspettiamo, che problema c’è.È la logica del Contratto di governo gialloverde che non c’è o, più correttamente, non c’è più. Ma è anche il risultato di una lacuna che è stata superata di slancio all’indomani del 4 marzo per necessità social- politiche e logica dei numeri, ma che col passare dei mesi mostra intera la sua profondità. La lacuna riguarda la politica, l’assenza di una idea almeno parzialmente condivisa di cosa sia l’Italia e soprattutto di cosa debba diventare. Da parte dei Cinquestelle e Lega sono state sommate, affastellandole senza alcuna sintesi, esigenze territoriali e identitarie nella convinzione che governare non foss’altro che continuare con altri mezzi la competition per accaparrarsi il consenso. Ma è infantile immaginare che i sondaggi risolvano i problemi. Come pure è ingannevole limitarsi inseguire le pulsioni dei cittadini, per definizione volatili e cangianti.Il risultato è che su ogni questione sulla quale non c’è perfetta consonanza di vedute ( cioè praticamente tutte) parte il sabba dei distinguo e degli ultimatum (“O così o salta tutto”), salvo poi acconciarsi al tiki taka dei vertici con frappe che portano ad ineluttabili rinvii o, ben che vada, a soluzioni al ribasso. L’altra spinta è a spogliarsi del ruolo di rappresentanza a favore del ricorso “alla volontà popolare”. Con votazioni online che poco o nulla garantiscono in fatto di attendibilità e affidabilità e invece risultano veleno puro per la leadership e il democratico meccanismo di delega. O anche referendum non solo improbabili ma addirittura disgregatori. Che senso ha far risolvere la questione del collegamento Torino- Lione ai cittadini piemontesi? Non è forseun’opera che riguarda l’intera Italia? E i soldi chi ce li mette ( o li perde): piazza Castello o palazzo Chigi?Idem per le Autonomie, che sull’onda di chiamate ai seggi di carattereesclusivamente consultivo si vorrebbero gestite all’interno di un rapporto duale Stato- singola Regione, come se fosse una trattativa privata e non il modo in cui si articola la presenza pubblica suiterritori. Così procedendo, la maggioranza assomigliaalla Torre di Pisa nel modo in cui la descrive la filastrocca: “Pende, pende e non casca mai giù”. Non sarà un caso se esattamente così ci dipingono i giornali stranieri a partire dalla Süddeutsche Zeitung: «In Italia succedono cose altrimenti impensabili. La Torre di Pisa, ad esempio, si è raddrizzata: in 17 anni questo campanile di marmo di Carrara si è risollevato di 4 centimetri dalla sua posizione inclinata». Che poi potrebbe pure suonare come auspicio, no? Insomma tutto come sempre nel Belpaese: genialità a braccetto con precarietà, pendenza appaiata a equilibrio. Se non fosse che poi ci sono squilibri che impossibili da aggirare. Per esempio la contrazione della produzione industriale.Oppure, dato di ieri dell’Istat, il ribasso del Pil e l’aumento del debito, già sufficientemente mostruoso.Senza contare che poi arriva sempre l’illusione che ci sia un momento magico in cui tutto si ricompone, tutto s’aggiusta. L’appuntamento elettorale europeo è diventato di questo tipo; una sorta di lavacro che monderà la maggioranza di tutte le sue incertezze e difficoltà. Oppure che, al contrario, segnerà la sua ineluttabile fine, riconsegnando il Paese alle urne politiche: altro fonte battesimale, altro lavacro, eccetera, eccetera.Sarà. Magari invece risulterà nient’altro che il momento in cui tutti i nodi verranno al pettine, e al fondo di tanti voli nell’iperuranio propagandistico rimarrà un’esigenza obbligata: appunto governare. Non si scappa. Salvini e Di Maio hanno scommesso reciprocamente l’uno sull’altro: è questo ciò che li sostiene. Se riusciranno a gestire assieme la prossima manovra di Bilancio, eventuali misure impopolari comprese, bene. In caso contrario la governabilità tornerà ad essere il Moloch attorno al quale brucerà alto il falò delle ambizioni irresponsabili.