Sarà un faccia a faccia a distanza, ma con un peso politico che va ben oltre la semplice coincidenza di agende. Domenica mattina Giorgia Meloni salirà sul palco di “Fenix”, la festa dei giovani di Fratelli d’Italia, mentre quasi in contemporanea Matteo Salvini arringherà la folla di Pontida, nella storica kermesse leghista.

Forse un incrocio casuale di calendari, o forse no: da questa domenica i percorsi dei due leader del centrodestra sembrano destinati a imboccare traiettorie divergenti.

Non una rottura, ovviamente, ma la fisiologica competizione tra due alleati che sanno di dover parlare a un elettorato sempre più esigente e polarizzato. Meloni deve confermarsi leader di governo credibile e affidabile, soprattutto in un autunno che si preannuncia complicato, tra la campagna per le Regionali, l’iter della legge di bilancio e una situazione internazionale che impone prudenza. Salvini, al contrario, punta a capitalizzare il consenso nella sua zona di comfort: il campo della protesta, del colpo di teatro, delle prese di posizione che suonano come una sfida al politicamente corretto.

Negli ultimi giorni il segretario leghista ha alzato il volume. Ha parlato di Putin come di un interlocutore necessario mentre il suo vice Vannacci lo incensava apertamente, ha attaccato la “violenza della sinistra” dopo l’assassinio di Charlie Kirk, e si è proclamato “migliore amico di Israele in Italia”, con un endorsement totale a Netanyahu proprio mentre sul fronte internazionale la premier è costretta a bilanciare ogni parola.

È un cambio di passo che non passa inosservato: Salvini vuole accreditarsi come l’uomo che osa dove Meloni, per ruolo istituzionale, deve frenare. La premier, tuttavia, non è intenzionata a restare sulla difensiva. Lo si è visto nelle ultime settimane, quando ha rilanciato la sua battaglia contro l’immigrazione irregolare e non ha risparmiato colpi all’opposizione, accusata di fare “tifo contro l’Italia”. Una controffensiva comunicativa che punta a sbarrare la strada al tentativo leghista di occupare lo spazio identitario a destra di FdI.

Domenica, quindi, sarà molto più che una giornata di comizi. Da Pontida arriverà l’immagine di un Salvini circondato da ministri, parlamentari e soprattutto dalla base leghista, chiamata a ribadire unità e identità in un momento in cui le tensioni interne non mancano.

Da Fenix, invece, Meloni potrà mostrarsi come leader generazionale e “donna forte d’Europa”, dopo la copertina di L’Express che l’ha incoronata simbolo di una destra capace di governare e di dettare l’agenda anche oltre i confini italiani.

Due narrazioni parallele che, inevitabilmente, finiranno per incrociarsi.

Perché il centrodestra di governo ha bisogno di mostrarsi compatto, ma anche di differenziare le proprie voci. E se la premier deve dimostrare all’Europa e ai mercati di essere un punto di stabilità, il leader leghista sa che il suo terreno fertile è la mobilitazione della piazza.

La vigilia è carica di attese anche per gli effetti sulla campagna per le Regionali.

La Lega punta a consolidare il consenso nelle roccaforti del Nord, FdI a crescere ulteriormente nelle aree urbane.

Il messaggio che arriverà domenica dai due palchi sarà dunque una prova generale della narrazione che la maggioranza porterà nelle prossime settimane: unità quando serve, competizione serrata quando si tratta di conquistare l’elettorato.

Il fischio d’inizio è atteso per domenica mattina.

Da quel momento Meloni e Salvini inizieranno un autunno di schermaglie che non metterà in discussione la tenuta della maggioranza, ma che definirà i rapporti di forza nel centrodestra. La partita si giocherà anche a colpi di palco, con un occhio fisso ai sondaggi e l’altro ai dossier che attendono il governo a Palazzo Chigi. E mentre sul prato dello stadio Olimpico andrà in scena la partita più attesa dell'anno nella Capitale, su quelli di Pontida e dell'Eur sarà servito il derby del centrodestra.