IL RETROSCENA

Il voltafaccia di Berlusconi ha sorpreso tutti e spaventato molti. Senza la rete di protezione di Fi e con i 5S sempre più nel caos il voto sulla riforma del Mes, al Senato, diventa a rischio. Se la riforma non fosse approvata la caduta del governo sarebbe più o meno inevitabile, forse non subito ma subito dopo l'approvazione della legge di bilancio. Va detto peraltro che anche un'approvazione dovuta sol al voto ufficiale di Fi sarebbe stata deflagrante: si sarebbe trattato di un allargamento di fatto della maggioranza.

La sorpresa non è giustificata. Berlusconi non aveva alcun interesse nell'affossare nell'affossare il centrodestra, tanto più sull'orlo una tornata importante di elezioni amministrative. Lo spavento è appena più comprensibile. Alla rivolta anti riforma Mes tra i 5S corrisponde quella a favore tra i parlamentari azzurri. Le possibili e prevedibili defezioni pentastellate minacciano il governo, quelle azzurre, altrettanto probabili, promettono di salvarlo, probabilmente con un tacito semaforo verde dello stesso Berlusconi.

Ma la bomba a orologeria c'è lo stesso. Forse esploderà proprio nel corso del dibattito sul Mes, probabilmente un po' più tardi, ma la deflagrazione la temono, la prevedono e se la aspettano un po' tutti. L'ordigno non porta la firma del descamisado Di Battista o del Cavaliere equilibrista ma quella dell'ex premier Matteo Renzi. Il leader di Iv è irrequieto, agitato, molto insoddisfatto. Come tutti aveva fatto anche lui del Mes una bandiera ma su quel fronte la vittoria del M5S è più o meno certa, con un ministro dell'Economia, con tessera Pd, che sostiene apertamente l'inutilità del prestito e il Colle a dir poco scettico sull'opportunità di mettere a rischio la maggioranza per un vantaggio esiguo in termini di tassi convenienti. Ma questo in fondo è un particolare. Il rimpasto invece è una battaglia dalla quale per il capo di Iv dipende molto. Non si tratta solo di conquistare qualche ministero in più ma di modificare l'equilibrio politico del governo, che al momento gli permette limitata capacità di movimento e di ridimensionare e se possibile eliminare una figura come quella di Conte, che calamita il consenso proprio di quell'area moderata alla quale guarda proprio Renzi. La strada del rimpasto è però ostruita dalla strenua resistenza del premier sostenuto in questo senza remore dal Colle.

Poi c'è la partita più grossa, quella del Recovery Plan. ' La task force' ( in realtà un esercito di 309 ufficiali ai quali peraltro servirà truppa) che vuole Conte serve a parecchi scopi. Permette di offrire posti e ruoli depotenziando così gli appetiti che altrimenti insisterebbero sul rimpasto. Crea uno strumento parallelo al governo, al quale spetteranno le decisioni strategiche più importanti. Con la pletora di esperti in campo, e con le conseguenti prevedibilissime divisioni che si creeranno. Consente a palazzo Chigi di mantenere nelle sue mani il potere decisionale effettivo.

Dietro la sempre più evidente insoddisfazione dell'ex segretario del Pd c'è anche altro. Sia per carattere che per esigenze politiche Renzi ha bisogno che la situazione resti in movimento e non si consolidi, perché solo nel fermento può trovare un ruolo personale e un spazio per il suo partito che non riesce a decollare.

La vera minaccia per il governo è costituita dalla miscela tra le divisioni che si palesano sul Mes, sia riforma che prestito, e la tentazione di Renzi di far saltare in qualche modo il tavolo del governo. E' probabile che quelle lacerazioni emergeranno proprio nel corso del dibattito del 9 dicembre e il leader di Iv potrebbe approfittarne. Ma anche se le tensioni rientreranno e il numero dei dissidenti M5S diventerà insignificante il prezzo sarà una sepoltura di fatto ufficiale del prestito sanitario e anche in questo caso il leader di Iv potrebbe coglier la palla al balzo e intensificare al massimo il martellamento con l'obiettivo di arrivare subito dopo l'approvazione della legge di bilancio a un aut aut esplicito: o rimpasto profondissimo o crisi e nuovo governo.

Si tratterebbe di una manovra rischiosissima. Col rimpasto i rischi di crollo di un governo già fragilissimo sarebbero enormi. Con la crisi le chances di evitare le urne in primavera con un nuovo esecutivo non sono inesistenti ma neppure tali da offrire ragionevoli certezze. Dalle elezioni, tanto più se provocate da lui, Renzi avrebbe tutto da perdere.