PHOTO
Nell’arco di quasi 25 anni ci avevano provato in moltissimi, nemici e ancor più spesso amici, e poi magistrati, editorialisti, potenti capi di Stato. Silvio Berlusconi alla fine era sempre riuscito a spuntarla, a risorgere lasciando interdetti e indispettiti quelli che, per l’ennesima volta, l’aveva già dato per spacciato. Chi avrebbe mai immaginato che la missione impossibile nella quale avevano fallito Prodi e D’Alema, Bossi e Fini, Ilda Bocassini ed Eugenio Scalfari, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, per citare solo un drappello ridotto del plotone che ha provato di volta in volta a eliminare il Cavaliere, sareb- be riuscita a un ragazzone di 45 anni ruspante e rumoroso, a prima vista privo delle doti di grande imbonitore nelle quali l’ex sovrano della destra italiana è stato insuperabile?
Eppure a seppellire la lunga era di re Silvio, ad affidare alla storia gli anni del berlusconismo, potrebbe essere stato proprio Matteo Salvini, con i suoi modi volutamente sguaiati e le sue felpe che al Cavaliere, così maniacalmente attento al decoro, devono fare ancor più orrore delle canotte che sfoggiava nel 1994 Umberto Bossi. Salvini, col suo impasto di xenofobia e populismo per una volta nel senso proprio del termine, quello di un interesse probabilmente sincero e comunque radicato nell’adolescenza per le fasce sociali più basse. Salvini il leghistaantileghista che ha salvato il Carroccio da un’estinzione che pareva inevitabile smantellando il dogma principale su cui Bossi aveva fondato il movimento, la sua nordicità, a volte declinata in termini di federalismo estremo, altre volte di aperto secessionismo, modulata a seconda delle circostanze però mai fino al punto di riconoscere l’Italia intera e non solo il suo settentrione come area da eleggere a vessillo, autonominandosi difensore dei suoi legittimi e traditi interessi.
Studente un po’ svogliato, arrivato a cinque esami dalla laurea in Storia prima di mollare, giornalista professionista con all’attivo esperienze reali, a differenza di tanti altri politici- giornalisti, sia nel quotidiano La Padania che a Radio Padania Libera, il leghista uscito trionfatore dalla guerra fratricida tra Bossi e Maroni, ha capovolto e insieme confermato la politica di Bossi, dalla Padania alla Penisola. “Dal nord a “Prima gli italiani”.
Di suo Salvini ha aggiunto alla tavolozza verde un tocco di rosso. A dirlo sembra assurdo, ma proprio il segreta- rio che ha portato compiutamente nella destra radicale europea la Lega, e si prepara ora a farlo con l’intera coalizione, una radice non essiccata di sinistra ce l’ha. Simile a Bossi, prima vicino alla sinistra extraparlamentare e poi, a metà anni ‘ 70, con la tessera del Pci in tasca anche in questo, del resto. Da ragazzo, prima di essere folgorato dal messaggio bossiano nel 1990, ad appena 17 anni, Salvini faceva le sue brave capatine al Leoncavallo, ma ancora nel ‘ 97, ormai leghista navigato, si presentava come capolista della corrente interna “comunisti padani”. Qualcosa di quella passione giovanile è rimasto. E’ più facile trovare allo stesso tavolo con il fiore dell’azienda il leader di un Movimento che conta moltissimi elettori di sinistra come quella a cinque stelle che non quello di una destra per la prima volta compiutamente radicale.
In fondo il sorpasso di Salvini è l’elemento che più di ogni altro, persino più dell’impennata di Di Maio e del tracollo del Pd, segna il trapasso della seconda Repubblica. Quel sistema che, pur traballando è durato 25 anni, si basava in buona parte proprio sul miracolo di san Silvio: tenere insieme, caso unico in Europa, la destra moderata e quella più radicale con i timone saldamente nelle mani della prima, o meglio di Berlusconi stesso. Quella formula miracolosa da ieri non esiste. Sconfitto Berlusconi, il partito azzurro non ha nessuno con cui sostituirlo, non per ignavia ma perché Berlusconi, come leader e proprietario del suo partito, non è sostituibile. Nel processo di trasformazione da centrodestra a destra qualcosa andrà perso, qualche area si sottrarrà all’egemonia leghista, ma nel complesso una destra profondamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere contenderà a M5S il governo dell’Italia. E’ il nuovo bipolarismo, e chi non lo apprezza farà meglio ad attrezzarsi il prima possibile.