«Siamo tutti d'accordo che la giustizia in Italia non funziona, dobbiamo avere il coraggio di intervenire anche lì. E quindi penso che nei prossimi giorni arriverà in Consiglio dei ministri anche la riforma della giustizia». Non ha annunciato la data, ma la premier Giorgia Meloni ha confermato pubblicamente che il ddl contenente la separazione delle carriere per i magistrati non finirà insabbiato o procrastinato a dopo le elezioni europee. Lo ha fatto rispondendo alle domande del direttore de La Verità Maurizio Belpietro, in occasione della festa del quotidiano, dove per la prima volta ha anche commentato l'inchiesta e gli arresti domiciliari per il governatore ligure Giovanni Toti.

«Toti», ha affermato la presidente del Consiglio, «ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Penso sia il minimo di rispetto attendere le sue parole per un uomo che sta governando molto bene la Regione. Non ho altro da aggiungere», ha concluso, «perché non ho elementi». Una linea prudente, dunque, che non segue il numero due del suo partito, Guido Crosetto, nella dura polemica degli ultimi giorni contro la giustizia a orologeria e la magistratura politicizzata, ma non sconfessa nemmeno il leader leghista Matteo Salvini, secondo cui Toti non dovrebbe dimettersi.

Una cautela non tale, in ogni caso, da indurla a mettere in freezer o far sparire dall'orizzonte il tema della riforma generale della giustizia, a dispetto delle affermazioni battagliere già fatte dall'Anm, che ha già annunciato una grande mobilitazione. Come è noto, più volte negli ultimi giorni la richiesta avanzata dalla premier ai suoi collaboratori più stretti è stata quella di non cercare lo scontro con le toghe, che di fatto è però già in corso dopo il provvedimento cautelare spiccato per Toti.

In ogni caso, il tema della giustizia è stato l'unico per il quale Meloni si è tolta il proverbiale “elmetto” da campagna elettorale e ha pesato le parole, perché su tutti gli altri all'ordine del giorno non ha lesinato bordate alle opposizioni, a partire dalle replica a chi la accusa di voler militarizzare la Rai e operare una censura: «Nei primi 14 mesi», ha affermato, «Giorgia Meloni su “tele Meloni” è stata presente 15 minuti. Nello stesso periodo Mario Draghi 19 minuti, Conte due 42 minuti, Conte uno 25 minuti. Gentiloni 28 minuti, Matteo Renzi 37 minuti. Dove erano allora le anime belle del pluralismo? Le polemiche e le manifestazioni si fanno per avere pluralismo o continuare a non averlo?

Io sono stata all'opposizione per parecchio tempo, me lo ricordo come andavano le cose, la percentuale di presenza di Fratelli d'Italia. Non accetto queste accuse», ha concluso, «che sono accuse non perché c'è tele Meloni, ma perché non c'è più tele Pd». Coerentemente a queste parole, la premier contesta le forze politiche che non vedono di buon occhio il prossimo duello tv con la segretaria del Pd Elly Schlein perché favorirebbe loro a scapito degli altri leader: «Quelli che oggi si stracciano le vesti, non ricordo che quando ero all'opposizione si confrontavano con me, stando al governo. Gli altri possono organizzare altri confronti, che si brighi per impedirlo mi sembra un po' eccessivo. Mi aspetto di fare il confronto», ha aggiunto, «ma vedo tanti movimenti contro questa iniziativa, molta critica, cose che si stanno muovendo magari con l'idea che il confronto non si facesse. Lo riterrei un errore».

Non manca un fendente diretto a Giuseppe Conte, che ha presentato una proposta di legge contro le candidature dei parlamentari nazionali all'Europarlamento: «Dice che è una truffa. La democrazia non è mai una truffa. Per me truffa», ha proseguito, «è mettere a capo del governo uno che non è stato votato dagli italiani, che non sapevano neanche chi fosse».

Dopo aver insistito sui temi usualmente a lei più cari, come la lotta all'immigrazione illegale, il ddl sul premierato (per il quale ha ribadito la sua apertura a un percorso condiviso), Meloni ha anche espresso l'auspicio che la commissione d'inchiesta sull'emergenza Covid ( costituita di recente) possa diventare operativa quanto prima. Sull'orizzonte del suo governo, ha escluso categoricamente l'ipotesi – risultante da più di un'indiscrezione – di un rimpasto, né dopo le Europee né in futuro: «Tra gli obiettivi che mi sono data», ha concluso, «c'è quello di arrivare a cinque anni con il governo che ho nominato, cosa che non è mai accaduta nella storia d'Italia».