«Lo escludo». È stato categorico, il presidente del Consiglio Mario Draghi, nella conferenza stampa di oggi dopo lapprovazione in Cdm della riforma della giustizia a chi gli chiedeva di una sua possibile candidatura come federatore di un polo di centro alle Politiche del 2023. Non solo. Draghi, con unespressione piuttosto risentita, si è anche tolto qualche sassolino dalle scarpe prendendosela con i «tanti politici» che lo vorrebbero alla guida di questo o quellorgano internazionale. «Se mai decidessi di continuare a lavorare al termine di questa esperienza - ha detto - un lavoro me lo trovo da solo». Lex presidente della Bce, visibilmente stizzito ha poi ribadito il concetto a chi gli chiedeva se allora quella sua frase alla conferenza stampa di fine anno («sono un nonno al servizio delle istituzioni») valesse soltanto fino alla primavera prossima, cioè fino al termine di questa legislatura. «Ho detto che lo escludo, è chiaro? Punto», ha risposto chiudendo largomento. La questione è in realtà sul tavolo ormai da giorni, cioè da quando è apparso evidente che, con la rielezione al Quirinale di Sergio Mattarella, il duo costituito dal presidente della Repubblica e dal presidente del Consiglio potrebbe andare avanti ancora per molto. Soprattutto a sentire le parole di alcuni leader ed esponenti dei partiti moderati, a partire da Giovanni Toti di Coraggio Italia e da Giorgio Gori, sindaco dem di Bergamo, secondo cui è necessario che le forze liberali e riformiste creino un polo centrista per no disperdere quanto fatto dal governo Draghi. E che sia guidato, quindi, dallattuale inquilino di palazzo Chigi. Che evidentemente ha respinto al mittente la proposta prima ancora che venisse formulata ufficialmente. E chissà che nel diniego del presidente del Consiglio non ci sia anche un sentimento di ripicca nei confronti di quelle forze politiche dalle quali avrebbe voluto, facendolo capire nemmeno troppo velatamente, lelezione al Colle.