La domanda che da mesi fa capolino su ogni fronte e scenario politico è cosa accadrà dopo le elezioni europee di fine maggio: cosa succederà alla maggioranza gialloverde, che fine farà il governo Conte. Insomma il voto delle europee è considerato uno spartiacque e in tanti si chiedono cosa ci aspetta chiuse le urne. Gli ultimi dati dell’Istat che squadernano un nuovo calo del Prodotto interno lordo (- 0,2 per cento) e certificano l’ingresso dell’Italia in una fase di recessione, ci aiutano a dare una risposta: ci attende un tuffo gelato nella realtà. Che si sostanzierà in mesi e mesi sulle montagne russe di una crisi che minaccia di impoverire ancora di più gli italiani e di un’opinione pubblica più sconcertata.

Con la questione immigrazione tutt’altro che risolta; gli equilibri in seno alla Ue ulteriormente precarizzati; un’Italia vieppiù isolata rispetto alle sue tradizionali partnership continentali.

Vero è che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte assicura che il secondo semestre 2019 segnerà una riscossa in virtù delle misure espansionistiche, reddito di cittadinanza in primis, varate con la legge di Bilancio. Altrettanto vero che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, esclude manovre correttive di qui all’estate. E vero, in particolare, che il vicepremier nonché leader dei Cinquestelle Luigi Di Maio, solo poche settimane fa ha garantito che esistono tutte le condizioni affinché il Paese viva un novo boom economico come negli anni ’ 60.

Oltre che vero, magari anche tutto giusto. Solo che la realtà, almeno quella descritta dai numeri, segnala altre cose, e non è da menagrami tenerne conto: casomai un segno di avvedutezza e lungimiranza.

Infatti. A metà aprile, ossia circa un mese prima del voto europeo e perciò in piena campagna elettorale, il governo dovrà presentare il Documento di economia e Finanza ( Def) che è il principale strumento di programmazione economica dell’esecutivo. Subito dopo l’estate, palazzo Chigi dovrà sottoporre al Parlamento la Nota di aggiornamento al Def stesso, segnalando eventuali scostamenti rispetto alle previsioni.

Si tratta di appuntamenti di fondamentale importanza perché tutta l’impalcatura economico- finanziaria gialloverde è stata costruita poggiando sul pilone della crescita. Che era inizialmente all’ 1,5 per cento, poi tagliata di un terzo dopo lo scontro con Bruxelles, ulteriormente ( e prudenzialmente) rivista allo 0,6 per cento e ora segnata da un punto interrogativo. E’ tuttavia evidente che minore è la crescita, maggiore sarà la necessità di correggere i conti tagliando le spese. Già si sentono echi sinistri di riduzione del servizio sanitario nazionale. Per non parlare di quella vera e propria bomba ad orologeria che sono le clausole di salvaguardia riguardo l’aumento dell’Iva: ballano decine di miliardi, non bruscolini.

Il punto è che oltre le nere nuvole che stazionano sull’Italia, altre ancora più grandi e nerissime sono in avvicinamento.

Il rallentamento dell’economia, infatti, ha dimensioni planetarie e riguarda sia giganti come gli Usa e la Cina, sia Stati a noi più vicini e commercialmente interconnessi come la Germania, dove le previsioni di crescita sono passate da un + 1,8 per cento ad un + 1 per cento: praticamente dimezzate. E se si ferma la locomotiva tedesca, in Europa sono guai per tutti.

Purtroppo l’Italia, negli anni in cui le condizioni erano assai migliori con un cambio dollaro- euro vicino alla parità; un prezzo del petrolio più vicino ai 30 dollari al barile che ai 40 e l’ombrello protettivo del Quantitative easing della Bce aperto al massimo, ha fatto la cicala varando misure di tipo assistenzialistico piuttosto che impostare politiche volte a sanare i principali squilibri economico- finanziari.

Le ricette pseudo pauperistiche del M5S, unitamente alla volontà “risarcitoria” sulle pensioni di Salvini, non hanno aiutato. Senza contare che l’intervento complessivo della Finanziaria è stato fatto in deficit. Sono state messe in campo risorse che non ci sono, vanno recuperate. La scommessa dell’esecutivo era appunto che la crescita avrebbe funzionato da volano, facendo ripartire il ciclo economico e fornendo fondi in più. Se però la crescita si riduce e diventa una questione di pochi decimali, allora tutto torna in discussione. A quel punto dovrebbero essere messe in campo opzioni ad alto tasso di impopolarità. Chi se ne assumerà il peso, chi tra Lega e Cinquestelle si presenterà agli elettori dicendo: i conti sono sfuggiti di mano?

Questo spiega perché l’orizzonte che si profila è ostico e che il futuro prossimo, quello appunto che si schiuderà dopo fine maggio, minaccia di essere piuttosto inquietante assommando ad una cronica incertezza politica anche un quadro macro economico con parecchie problematicità. Sorprende ( o forse no, dipende da chi guarda) la sostanziale scomparsa, per fare solo un esempio, dal confronto politico di ogni riferimento contro l’evasione fiscale, idrovora che succhia circa 120 miliardi l’anno. Di solito quando buca la nebbia della propaganda e si impone, la realtà fa male. Niente assicura che stavolta sarà diverso.