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È e resterà un caso politico: Ilaria Salis e il suo destino giudiziario continuano a tenere impegnate le istituzioni. Ieri il padre dell’insegnante milanese detenuta in Ungheria, Roberto, ha incontrato il presidente del Senato Ignazio La Russa. Ne è seguita la dichiarazione «estremamente favorevole», da parte della seconda carica dello Stato, ai «domiciliari» per la giovane attivista: «Decide la magistratura ungherese» ma intanto «ci può essere per esempio la disponibilità di far scontrare gli arresti in ambasciata».
Alla domanda sulle convinzioni di militante antifascista professate da Salis, La Russa ha risposto: «Non c’entra il merito della vicenda: parliamo di un’italiana che, al di là del giudizio che ognuno può dare sulle sue idee e sul modo in cui le traduce, è comunque una cittadina per la quale è giusto che siano tutelati i diritti della persona».
E la mobilitazione istituzionale va dal Parlamento ai ministri: il guardasigilli Carlo Nordio e il capo della Farnesina, oltre che vicepremier, Antonio Tajani incontreranno a loro volta, lunedì, Roberto Salis e il suo avvocato Eugenio Losco.
Prima di rinnovare l’istanza per i domiciliari, il difensore vorrebbe ottenere un’attestazione, che sarà prodotta da via Arenula, per rassicurare le autorità ungheresi sul fatto che in Italia non ci sarebbe alcun pericolo di un’evasione di Ilaria dagli arresti.
Giovedì prossimo Tajani riferirà alla Camera sul caso, e intanto osserva: «Se vogliamo aiutarla, meno si strumentalizza la vicenda meglio è». Idea perfettamente in sintonia con quanto chiede il padre di Ilaria: «Chiedo a tutte le forze politiche e ai giornalisti di smorzare i toni e spegnere le polemiche: ora si lascino lavorare le istituzioni, che stanno dando un valido contributo».