Tempo scaduto. Le firme per potersi candidare alle segreteria del Partito democratico sono state depositate ieri dai sei pretendenti ancora in gara: Nicola Zingaretti, Maurizio Martina, Francesco Boccia, Roberto Giachetti, Dario Corallo e Maria Saladino. Salvo defezioni dell’ultimo minuto o contestazioni agli organi di garanzia, non dovrebbero esserci colpi di scena eclatanti da qui alle primarie. Ciò che può ancora cambiare, semmai, è la geografia interna al partito, i posizionamenti delle correnti o di ciò che resta di esse dopo la debacle elettorale.

Dopo il forfait di Marco Minniti, gli ex renziani sembrano puntare tutto sull’ex ministro dell’Agricoltura, attualmente quotato come miglior perdente nella competizione per la scalata al Nazareno. E mentre Lorenzo Guerini riunisce i deputati per compattare le truppe su Martina, il capogruppo dei senatori dem, Andrea Marcucci, si espone su Facebook: «Al congresso del 3 marzo, io sosterrò Maurizio Martina come candidato alla segreteria del Pd», scrive l’esponente renziano. Il diretto interessato accetta di buon grado il nuovo attestato di stima ma non vuole apparire come il candidato dell’ex segretario e precisa: «Con un gruppo di giovani democratici abbiamo presentato la candidatura. Vogliamo un partito prima di tutto di donne e di giovani», dice Martina, quasiper allontanare da il sospetto di continuità col vecchio corso. «Adesso è il momento di unire e di aprire il Pd. Dobbiamo costruire tutti insieme questa proposta per l’alternativa alla destra. Rompiamo gli schemi del passato e costruiamo le ragioni della nostra nuova appartenenza». Nicola Zingaretti per ora non sembra impressionato dagli spostamenti interni. Le mosse degli ex renziani non lo impensieriscono, sicuro del vantaggio iniziale che lo separa dal probabile secondo. «Venite tutti a discutere e ascoltare, anche a protestare se serve, e poi il tre marzo tutti ai gazebo perché può rinascere una speranza per l’Italia», dice il presidente della Regione Lazio, prima di lanciare un appello: «Aiutatemi a cambiare il Pd, a ricostruire un’alternativa credibile. Non possiamo permettere che l’Italia sia governata da un manipolo di incapaci che sta mettendo a rischio il futuro di intere generazioni», afferma Zingaretti.

E se qualcuno, come Gianni Pittella, annuncia che non parteciperà al congresso per non prendere parte alla conta tra truppe, altri hanno già iniziato a mettere in discussione la regolarità di alcune candidature. Francesco Boccia è infatti convinto che le firme raccolte da Roberto Giachetti non siano regolari. «Io sono andato a raccogliere le firme fisicamente in ogni angolo d’Italia», dice l’aspirante segretario vicino a Michele Emiliano, a proposito di alcune sottoscrizioni arrivate via internet. «Ho la sensazione che si vogliano avvelenare un po’ i pozzi. Tanti renziani hanno avuto la lealtà di seguire una strada autonoma, la candidatura di Giachetti mi sembra una cosa fatta così all’ultimo momento», dice ancora Boccia in radio. Polemiche a parte, la battaglia per la leadership è appena cominciata. Non resta che aspettare il verdetto dei gazebo.