«La procedura di gara è stata un pasticcio», dice Luigi Di Maio alla Camera, in un’aula praticamente vuota, riassumendo la lettera con la quale Anac ha risposto ai suoi quesiti sulle presunte anomalie nella procedura per la cessione dell’Ilva di Taranto. Una lettera che il presidente Raffaele Cantone scrive «sulla base degli elementi comunicati» da Di Maio e senza la possibilità, dunque, di «specifici accertamenti». Il titolare del Mise è certo: l’Anac ha confermato le criticità segnalate. Mentre il suo predecessore, Carlo Calenda, lo accusa di mentire. «Che l’Autorità anticorruzione abbia bloccato la procedura di gara per la cessione di Ilva è una beata menzogna - afferma -. Anac dice che la gara è valida. Può essere annullata sul principio di interesse generale ( può sempre essere annullata sulla base di questo principio). Se volete farlo accomodatevi» . I punti sono tre: la modifica, in corso di gara, del termine per il completamento del Piano ambientale, la facoltà di rideterminare le scadenze intermedie e il rilancio delle offerte. I termini per l’attuazione del Piano, al momento del bando, erano fissati al 31 dicembre 2016, dando quindi alle imprese 12 mesi di tempo. «Un’impresa titanica», commenta Di Maio. Ma a bando scaduto, quel limite è stato spostato al 2023, un tempo di sei anni che avrebbe consentito a molte più imprese di partecipare, «con offerte molto più pertinenti e di livello più alto», dice il vicepremier, che parla di lesione del «principio di concorrenza». Cantone spiega che l’invito a manifestare interesse chiariva la possibilità di modifiche. Non era, quinti, totalmente un mistero. Ma, conferma il presidente Anac, la scelta «ha senza dubbio modificato in modo rilevante il quadro economico e fattuale tenuto in considerazione» da chi ha partecipato alla prima fase. Si sarebbe potuto pensare ad una riapertura dei termini per consentire nuove proposte. Ma, chiarisce, la procedura rimane comunque «ispirata alla libertà delle forme tipiche della trattativa privata».

Sul secondo punto, la norma indica come vincolante il parere del ministero dell’Ambiente, intervenuto il 9 gennaio 2017 ma non prodotto in atti. Un obbligo rimasto anche con le modifiche al decreto Milleproroghe - che hanno legittimato la rimodulazione delle offerte -, pena l’esclusione. Ma resta comunque nella competenza dell’amministrazione la valutazione. L’ultimo punto, infine, riguarda la regolamentazione delle possibili fasi di rilancio, aspetto «non adeguatamente disciplinato», scrive Cantone, che parla di una «regolamentazione non chiara». E questo è un pasticcio, commenta Di Maio, che avrebbe preferito l’offerta della Acciaitalia ( 1 miliardo e 350 milioni di euro) rispetto a quella di Mittal ( 1 miliardo e 800 milioni), in quanto «migliore in termini ambientali e occupazionali». E sebbene Acciaitalia abbia rilanciato a 1 miliardo 850 milioni, la cosa non è stata considerata, dice il ministro, «un comportamento inspiegabile». Calenda replica: «la cordata Acciaitalia è stata montata dal nostro Governo via Cassa depositi e prestiti. Tutti avremmo voluto che vincesse ma non al prezzo di truccare la gara». Di Maio, però, tira dritto, annunciando un’indagine interna al ministero, la richiesta di chiarimenti ai commissari dell’Ilva e di un parere all’avvocatura di Stato.

L’annullamento, stando a Cantone, è possibile nel caso in cui esista «l’interesse pubblico specifico» a farlo, diverso «dal mero ripristino della legalità». Che deve essere il ministero a valutare e non certo l’Anac. Ma Di Maio, deciso a tutelare «la legalità», avvisa che il responsabile politico «ne dovrà rispondere». Cioè Calenda, che lo accusa: «minacciare indagini interne al Mise è vergognoso. La responsabilità sulla gara è mia. A differenza tua non ho bisogno di inventarmi manine. E assumiti la responsabilità di annullare la gara se la ritieni viziata». A dare man forte al ministro ci sono anche il governatore pugliese Michele Emiliano e la Fiom- Cgil, che ha «sempre sostenuto la mancanza di trasparenza» nell’operazione, afferma la segretaria generale Francesca Re David.