Se Matteo 1 è occupato a sbrogliare la matassa delle sue preoccupazioni, Matteo 2 si stampa sul viso un sorriso da lupo e rilancia la sua scalata al cielo: la conquista della leadership del centreodestra. Così mentre Renzi si interroga su come arginare la valanga populista che adesso dilaga anche da Oltreoceano, Salvini va in piazza (oggi a Firenze) puntando a fare da catalizzatore di tutto il fronte largo del No referendario, mettendo nel mirino il bersaglio grosso: il berretto di Commander in chief. «La lezione di Trump ci dice che i cittadini hanno il diritto di scegliere col cuore e con la testa», azzanna. La pancia non è citata solo perchè scontata. Non c'è bisogno di particolari voli pindarici per imboccare la strada giusta: il capo del Carroccio, coerentemente con l'immagine che vuole accreditare, va dritto al sodo. Così, con i piedi puntati nel centro del sisma che ha devastato il centro Italia («Proponiamo per questa gente l'esenzione fiscale totale per tre anni»), Salvini scandisce: «Ho letto il programma di Trump e per mollti versi ricalca quelli che sono i progetti della Lega per l'Italia. Una tassa del 15 per cento per le imprese, seprazione delle banche normali da quelle d'affari per evitare i casi di Monte dei Paschi, Etruria, Popolare di Vicenza».Fin qui l'enfasi. Poi c'è la sostanza politica: decisiva. E allora bisogna grattare la vernice della propaganda e mettere a nudo il conflitto che pervade lo schieramento anti-sinistra. Il trionfo di Trump ha ovviamente rilanciato le aspettative e le ambizioni di chi intende farsi soffiare alle spalle il vento dell'antipolitica per arrivare laddove è arrivato Donald: in cima al potere. in Italia i leader che possono ambire ad emularlo sono due: Grillo e, appunto, Salvini. Il primo ha il doppio dei voti; il secondo ha il doppio di esperienza e capacità di manovra. Il primo si autoesclude da schemi di coalizione e vuole fare da solo: disegno intrigante ma molto difficile da realizzare. Il secondo sa che senza i voti dei partner non sfonda: punta dunque a prosciugarne il bacino elettorale. Grillo è più forte elettoralmente; Salvini è più capace e più attrezzato politicamente. Issano le stesse vele ma navigano in due mari profondamente diversi. L'avversario vero dell'ex comico capo dei Cinquestelle è esterno e sta a palazzo Chigi. L'avversario più insidioso di Salvini sta chiuso ad Arcore ed è a lui continguo: si chiama Berlusconi. La novità è che Silvio non è più solo. Assieme a lui si muove un insieme di forze che hanno ben compreso la pericolosità del disegno politico di Matteo 2 e cercano di inaridirne le radici. La parte ufficiale la svolge Stefano Parisi. «Un centrodestra a trazione leghista, anzi a trazione leghista salviniana - avverte Mr Chili - è destinato a non intercettare i voti moderati e quindi a perdere. Appiattirsi sul Carroccio vuol dire semplicemente consegnarsi a Grillo». Non solo. «Tutto questo non rappresenta il mandato ricevuto da Berlusconi che invece mi ha chiesto di rivitalizzare l'area popolare e liberare di questo Paese, affiancando allo zoccolo duro di FI forze e settori della società». Il passaggio chiave del numero uno di Megawatt è in quel "trazione leghista salviniana": indizio decisivo per capire che il tentativo è giocare di nuovo Bossi contro Salvini, intercettando malumori qua e là sparsi tra le camicie verdi.Però, e questa è la novità emergente, Parisi non è solo. A fianco a lui marciano ambienti moderati che sarebbe limitativo definire centristi e che hanno in Gaetano Quagliariello uno dei principali alfieri. L'ex ministro lavora per raccogliere in un unico contenitore quei settori moderati che possono lasciare Forza Italia contando però in un apporodo politicamente solido, e contemporaneamente punta a staccare Fratelli d'Italia dall'abbraccio leghista. Il tentativo è di isolare politicamente Salvini, lasciandolo unico testimone delle spinte della destra più radicale. Partendo da posizioni e tradizioni lontane, anche Maurizio Gasparri in certo senso dà manforte a Parisi: «Rispettiamo tutti ma il ruolo di FI è di protagonisti e non da spalla. Senza Berlusconi non c'è una prospettiva vincente per il centrodestra». Vero. Solo che Silvio non c'è, sta in disparte. E così Salvini guadagna fette di terreno politico sempre più ampie. Mentre l'anziano leader invia videomessaggi, lo scalpitante capo leghista occupa le piazze e da quelle cerca legittimazione e investitura: «Io non autoproclamo niente. Ma se la gente che sarà in piazza, a Firenze e altrove, mi chiederanno di esserci, di metterci la faccia, io ci sono». Il campo di battaglia è già segnato. Se vince il No per Berlusconi «bisogna ridare la parola agli italiani dopo aver approvato una legge elettorale diversa» dall'Italicum. Per Salvini niente da fare: «Qualcuno dice che se vince il No, ci sarà un nuovo governo con un altro premier inventato a tavolino. Io dico: elezioni subito. Ci sono tanti elettori di Fi che non votano più perché hanno perso la fiducia. A costoro vogliamo dare un progetto e una casa». Un tetto politico beninteso: non un posto nel giardino di Arcore.