«L’unica cosa che conosciamo del progetto di Conte è l’iban». Così si sfoga una parlamentare al secondo mandato, dopo aver ascoltato il capo politico in pectore del M5S all’evento organizzato dalle Agorà, la corrente dem di Goffredo Bettini. Agli eletti eletti è stato solo chiesto di contribuire economicamente alla causa, senza alcuna garanzia. Per questo, in casa cinque stelle l’umore è nero, di quelli che «nessuno ha ancora capito cosa voglia fare» l’avvocato.

Nel mirino di un gruppo parlamentare allo sbando non finisce solo l’ex avvocato del popolo, ma anche Vito Crimi, capo politico ad libitum, considerato responsabile, quanto il suo potenziale successore, dello stallo in cui si è cacciato il Movimento 5 Stelle. Deputati e senatori restano sul piede di guerra. Vogliono capire cosa sarà del loro futuro, richieste di sacrifici economici a parte, e pretendono di sapere che ne sarà del loro partito da qui all’autunno. «Sì, perché Conte deve dirci, tanto per cominciare, cosa intende fare alle Amministrative», si sfoga un eletto, «o crede di potersi lavare le mani da una quasi certa disfatta elettorale?». Già, le Comunali.

Dove l’alleanza giallo- rossa non decollerà in quasi tutte le grandi città chiamate al voto. Roma, Milano, Bologna e Torino diventano le tappe di un progetto abortito prima del nascere, in cui l’ex premier non sembra intenzionato a metterci la faccia. Ultima speranza: Napoli, dove il presidente della Camera, Roberto Fico, potrebbe unire il campo del centrosinistra, salvando il salvabile di un’alleanza mai nata. «Conte deve dirci adesso cosa intende fare», si sfoga un deputato con il Dubbio, ancora convinto della necessità dell’anonimato per denunciare le disfunzioni del partito, «o crede di poter tirare la corda a lungo per non prendersi la responsabilità di un sicuro fallimento?», si chiede, spronando il capo politico in pectore a pronunciare una parola definitiva sulle Comunali.

I parlamentari mugugnano a mezza bocca, in attesa di capire come muoversi. A tenere banco è ancora l’evento online, organizzato da Goffredo Bettini, a cui ha partecipato il giorno prima l’avvocato del popolo. La riunione che ne è conseguita con i capi commissione M5S, alla presenza di Crimi e dell’ex premier, è vissuta come un «contentino» per evitare polemiche dai parlamentari sul piede di guerra. «La nostra assemblea non è stata per nulla esaustiva», dice un eletto. «L’unica novità annunciata è la disponibilità r a prendere il 2 x mille per finanziare il partito». Non sarà molto ma è già un passaggio decisivo per chi fino all’ultimo ha professato la propria estraneità al sistema partitico, anche rifiutando qualsiasi forma di finanziamento pubblico.

«Bene, è un primo passo», dichiara un deputato, «ma non è abbastanza», aggiunge. «Che forma avrà il Movimento del futuro?», si chiede. «Dobbiamo definire il partito in base ai desideri di Goffredo Bettini?». Sì, perché i grillini non hanno affatto digerito quella zoomata con Enrico Letta e la sinistra dem «Conte ormai parla più con Bettini che con noi», rincara la dose un malpancista. «Non abbiamo idea di cosa sarà questo mega evento annunciato dall’avvocato per maggio, ma noi vorremmo capire cosa pensa. Vuole creare un partito del 5 per cento che fa vincere le elezioni al Pd o vuole rimettere il partito al centro della coalizione? Ci spiegasse le sue intenzioni», aggiunge un’altra eletta. Il timore è ceh il professore si faccia dettare l’agenda dai dem e rinunci alla definizione del ruolo grillino nella coalizione. «Non credo che Bettini o altri possano dire cosa sia meglio per il M5S. Per il M5S parlano gli iscritti al M5S, punto. Grazie per i consigli disinteressati ma ognuno pensi al suo partito. Una cosa è a collaborazione altro le ingerenze», scrive su Twitter l’onorevole Federica Dieni, trovando il coraggio di uscire allo scoperto.

Ma dietro all’insofferenza di deputati e senatori si cela sempre la paura di non essere ricandidati. Non è un caso che a mugugnare siano soprattutto i parlamentari al secondo mandato, convinti che Conte alla fine concederà delle deroghe alla ricandidatura solamente per un numero ristrettissimo di “meritevoli”. Il rischio “scissione” magari al seguito di un nuovo progetto “controvento” targato Dibba– Casaleggio si fa sempre più concreto. Sono una cinquantina infatti gli eletti in attesa di capire che strada percorrere. E a corroborare le tesi complottiste ci si mette anche Vito Crimi, che in un recentissimo summit avrebbe chiesto ai vertici parlamentari pentastellati: «Ditemi per tempo chi ha intenzione di abbandonare il Gruppo perché devo regolarmi col budget». Un motivo in più per far sentire gli eletti fuori dal progetto, un mero bancomat da cui attingere risorse in attesa del big bang.