Non accenna a diminuire la polemica che coinvolge Marcello Degni, magistrato e consigliere della Corte dei Conti che ieri è tornato a parlare del suo post in cui accusava l’opposizione di non aver fatto adeguato ostruzionismo alla maggioranza i tema di legge di Bilancio, perdendo così un’occasione per «farli sbavare dalla rabbia». E non solo non si pente delle sue parole, ma rincara la dose, con relative reazioni del centrodestra.

«Sulla questione è montata tanta intolleranza, che travalica lo specifico - spiega Degni citando un’intervista di ieri a La Stampa in cui si è difeso dagli attacchi - A questo punto rispondo con le parole di un grande magistrato: “Resistere, resistere, resistere”». Il riferimento è ovviamente alle parole del procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli all’epoca di Tangentopoli, agli albori della guerra dei trent’anni tra magistratura e politica.

Ma le sue parole non hanno fatto altro che provocare le risposte di tutto il centrodestra, tra richieste di dimissioni, interrogazioni parlamentari e audizioni che coinvolgeranno lo stesso Degni.

«Fratelli d’Italia presenterà una interrogazione parlamentare per fare luce sulle numerose dichiarazioni anti governative e apertamente contro il premier Meloni e FdI espresse sui propri canali social dal consigliere della Corte dei Conti, Marcello Degni, che sono ingiustificabili e incompatibili con il ruolo che ricopre», ha detto ieri il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, mentre per la leghista Simonetta Matone «peggio delle posizioni di un magistrato contabile, che avrebbe preferito vedere l’Italia bloccata dall’esercizio provvisorio per tornaconto politico, e che invece di scegliere il silenzio sfoggia rinnovata arroganza, c’è solo il Pd che tace sull’ennesima toga supporter e che non chiede chiarezza su posizioni contrarie al minimo senso istituzionale e al rispetto del ruolo che ricopre».

Proprio dal Pd infatti non sono arrivate reazioni alle parole di Degni, né dopo il primo post né dopo le nuove affermazioni di ieri. Con un’eccezione, rappresentata dal senatore Filippo Sensi. «Non penso sia cedere alla campagna della destra per coprire Pozzolo e Delmastro ritenere inopportuna e inaccettabile l’uscita social di Degni - ha scritto ieri - Se ne occuperà la Corte dei Conti, nessuna reticenza a dire che è sbagliato, libertà e senso delle istituzioni devono convivere».

Dall’altra parte invece gli attacchi a Degni arrivano anche da Forza Italia e Noi moderati. «Il primo dovere di chi esercita le funzioni di magistrato è la terzietà e lo ripetiamo anche oggi commentando le parole cariche d’odio e di volgarità del giudice Marcello Degni - spiega Maurizio Lupi - A questo punto sarebbero opportune le sue dimissioni. Se il giudice di sinistra, come lui stesso si definisce, vuole fare politica, lasci la toga e si dimetta». Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo di Fi al Senato, Maurizio Gasparri, per il quale «Degni continua, con interviste e dichiarazioni ai giornali e alle televisioni, a dar luogo a comportamenti sconcertanti» ma «il magistrato contabile deve guardare i numeri, non svolgere una funzione di militanza politica».