Non sono giornate tranquille a palazzo Santa Lucia, sede della regione Campania a Napoli. E non per lo sciame sismico che prosegue ai campi Flegrei, per ora fortunatamente senza danni alle persone, ma perché il presidente della Regione Vincenzo De Luca è ormai ai ferri corti, per usare un eufemismo, con i vertici nazionali del Pd. Che non sarebbe una notizia, visto che gli screzi proseguono da mesi, da quando cioè Elly Schlein è stata eletta al vertice del Nazareno a spese di Stefano Bonaccini, sostenuto da De Luca, ma lo diventa nel momento in cui gli insulti lanciati nel fine settimana dallo “sceriffo di Salerno” alla festa dell’Unità partenopea hanno rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Schlein, di De Luca, non ne vuole sapere più nulla. E poco importa se l’alternativa è il rischio concreto di perdere la guida di una delle Regioni più importanti d’Italia, visto il consenso di cui gode De Luca. L’alternativa, secondo il Nazareno, esiste, e come già accaduto con la candidatura, poi rivelatasi vincente, di Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli, consiste nell’abbraccio con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Che in Campania, oltre alla Sicilia, ha il suo maggior bacino elettorale, e che è pronto a tirare fuori il coniglio dal cilindro in vista delle prossime Regionali.

Si vota nel 2026, è vero, e di tempo ce n’è a sufficienza. Ma di nomi per il dopo De Luca (espressione che porta alla scomunica in chiunque la pronunci tra le mura di palazzo Santa Lucia) già se ne fanno. L’ipotesi più intrigante sul tavolo è niente di meno che quella di Roberto Fico, che dopo una militanza della prima ora nella fase più movimentista del grillismo, da presidente della Camera ha sposato toni e postura istituzionale, dimostrandosi attendo ad alcune istanze molto care ai dem, ad esempio sul caso Regeni.

La candidatura fa parte di un più ampio progetto di alleanza tra Pd e M5S che dovrebbe portare a candidature comuni in molte delle Regioni e delle città per le quali si andrà al voto nel 2024. Dall’Abruzzo all’Umbria, fino a Basilicata e Sardegna, passando per Ferrara, Pesaro e Bari. Un’alleanza “a metà”, dal momento che i due partiti correranno divisi alle Europee per via del proporzionale, ma che nei territori ha tutta l’aria di essere una vera coalizione. E che in quanto tale ha bisogno di nomi, forti, conosciuti, capaci di attirare consensi in entrambi i bacini elettorali. Identikit che in Campania corrisponde proprio a quello dell’ex presidente della Camera.

Ma c’è un non detto, e cioè che la Campania non è Napoli. E senza la candidatura di un “uomo forte”, come è De Luca, c’è il serio rischio di consegnare la Regione in mano alla destra. Che secondo rumors dei palazzi romani potrebbe pensare di candidare l’attuale ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Insomma la confusione è ancora molta, ma l’unica certezza è che De Luca e Schlein praticamente non si parlano più.

«Dovremmo cercare di costruire le condizioni per un Partito Democratico, non per Lotta Continua - ha detto lo “sceriffo” alla festa dell’Unità - Se dovevamo costruire una forza politica radicale di sinistra, che ci riscalda il cuore e poi perde le elezioni, non c’era bisogno del Pd». Ma ha anche parlato dell’ipotesi terzo mandato, spiegando che «ci sono parlamentari che sono dentro da sette legislature» e che il commissario del Pd in Campania, Antonio Misiani «ha cinque legislature, ed era parlamentare con i calzoni corti». Per poi concludere in attacco. «Il problema è De Luca, uno che non ha correnti - ha sottolineato - Ma la verità viene prima delle bandiere. E tra verità e partito sceglierò sempre la verità».

Con tanto di libro in uscita il prossimo 24 ottobre, il cui titolo, Nonostante il Pd, è tutto un programma. Il presidente ha pronto un tour di presentazione in tutta Italia «per far conoscere un’altra idea di partito», definito «un pollaio di imbecilli, cafoni e cialtroni».

Per De Luca, insomma, gli attuali vertici del Nazareno stanno sbagliando tutto, in primis opponendosi a un suo terzo mandato. Ma la strategia del presidente è chiara: lasciare che Schlein vada a sbattere e poi prendersi quello che secondo lui gli spetta. D’altronde, come si dice da quelle parti, “’o purpo s’adda cocere int’a l’acqua soja”.