Ore di vertice, qualche passo avanti riconosciuto anche dalla maggioranza, sia pur non ufficialmente, nella proposta di mediazione avanzata dal presidente della commissione Giustizia Ostellari, ma niente da fare. C'è una formula che impedisce ogni accordo: "Identità di genere". La proposta Ostellari era indigesta a una parte sia della Lega, quella rappresentata dal celebre Pillon, sia di Fi, con Malan che ha messo in campo i diritti di alcune minoranze. Ma le parole magiche non c'erano e pertanto Pd, M5S e LeU, chi con maggiore e chi con minore convinzione, la hanno considerata irricevibile. Iv e la destra ha tentato di rinviare sia il voto di oggi sul calendario, di 24 ore, sia l'approdo in aula, non il 13 ma il 22 luglio. Opzioni entrambe rifiutate nonostante l'intervento della presidente Casellati a favore dello slittamento.  Iv ha deciso di onorare l'accordo per cui, in cambio dell'apertura del tavolo, avrebbe approvato, pur non concordando, la calendarizzazione in aula il 13 luglio. Ma quello che si aprirà la settimana prossima non sarà un dibattito parlamentare. Sarà un'arena quasi senza regole, una battaglia che difficilmente resterà senza conseguenze. Nulla è chiaro, nulla è definito, nulla è certo. L'agenda del Senato, alla vigilia di una pausa estiva che stavolta potrebbe essere posticipata di parecchio, è fitta di impegni non prorogabili. Di fronte a un eventuale diluvio di emendamenti è impossibile dire quando la saga avrà termine. O meglio quando avrà termine questa puntata perché l'eventualità che la legge sia modificata a voto segreto e debba pertanto tornare in aula sono altissime. Era ed è invitabile? Certamente no. Tutti ammettono che il testo proposto da Ostellari segna il superamento dell'ostruzionismo e lo stesso testo è ulteriormente modificabile. Il solo scoglio è la richiesta di inserire la formula "identità di genere" che peraltro sarebbe comunque considerata ai fini dell'aggravante e che è già garantita dalle sentenze della Corte costituzionale, dunque la sua citazione nella legge è inessenziale. D'altra parte si sarebbe potuto trovare modo di nominare la formula catechistica senza incidere sulla sostanza della mediazione. A provocare lo scontro che sarà inevitabilmente incandescente, salvo possibile ma molto improbabile accordo in questa settimana, sarà la difesa di una bandiera e nulla di più, o almeno, da entrambe le parti, nulla di più sostanziale. Entrambe le fazioni ritengono che eliminare, o sul fronte opposto accettare, quella formuletta significherebbe per il proprio elettorato "perdere la faccia", rinunciare a un elemento identitario.Sarebbe grave ma comune se la questione creasse un solco tra maggioranza e opposizione. In questo caso, invece, lo crea all'interno di una maggioranza che, pur se anomala, tale resta. Per questo la guerra del ddl Zan non promette nulla di buono. E' infatti essenziale che la maggioranza, pur se combattendosi come è inevitabile dati i suoi caratteri, mantenga almeno un filo se non di vera solidarietà almeno di forzosa unità. Un clima da contrapposizione frontale e guerra guerreggiata, tanto più con la crisi dei 5S tutt'altro che superata e dagli esiti comunque imprevedibili, è una mina vagante ad alto potenziale esplosivo.Nel giro pochi mesi, inoltre, si arriverà all'appuntamento fatale con l'elezione del nuovo capo dello Stato e lì l'assenza di quel filo unitario di fondo nella maggioranza può innescare davvero una tritacarne dalle conseguenze imprevedibili. E' possibile che la manovra Di Renzi miri proprio a un avvicinamento con la destra in vista di quell'appuntamento. Ma, intenzionale o no, questo sarà comunque il risultato del fronteggiamento sulla Zan e non faciliterà le cose quando si arriverà al momento di dover scegliere il successore di Sergio Mattarella. Sul fronte della destra, inoltre, la scelta bellica sulla Zan è una vittoria netta per la posizione intransigente di FdI, contraria in modo secco ala legge, e un indebolimento della liea molto più mediatrice non solo di Fi ma anche, almeno nell'ultima fase, della Lega. Nella sfida non solo per la leadership ma anche per la natura della destra la vicenda della legge Zan peserà più di quanto non si creda. A meno che, a questo punto quasi per miracolo, nei prossimi giorni le fazioni non decidano di rinunciare alle loro bandierine.