La riforma della Giustizia torna oggi in Commissione al Senato, dove dopo oltre un mese di stop delle attività, alle 15, i senatori torneranno a mettere mano ai provvedimenti sui quali il governo punta per imprimere un’accelerazione alla durata dei processi così come richiesto dall’Europa. Si partirà con il ddl delega per il processo penale, che verrà dunque incardinato e che avrà come relatore il presidente della Commissione, Andrea Ostellari (Lega), per poi proseguire con l'esame dei ddl di riforma del processo civile e della magistratura onoraria, questione, quest’ultima, che entro la fine dell’anno deve trovare risposta.

Il penale arriva a Palazzo Madama dopo l'approvazione da parte della Camera dello scorso 3 agosto, all’esito di una estenuante trattativa che ha portato ad un doppio voto di fiducia. Il risultato finale è stata l’archiviazione della riforma della prescrizione, con l’introduzione dell’istituto dell’improcedibilità e di tripli binari per il termine dei processi in base ai reati contati dall’accusa. A dire sì alla riforma anche l’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, secondo cui il M5S «continuerà a dare il proprio contributo con lealtà, ma questo non significa essere sempre d’accordo».

Parole che erano apparse come un avvertimento, ma stando alle voci interne ai 5 Stelle alla vigilia del ritorno in Commissione «l’accordo resta valido anche per il Senato», fanno sapere autorevoli fonti grilline, mentre dal Pd arriva la conferma: «Al Senato non si tocca una virgola». La partita è ancora aperta e la discussione in Commissione Giustizia potrebbe cambiare comunque la disposizione degli animi. Quel che è certo, assicura però Ostellari, è che le due riforme procederanno in parallelo, senza dare priorità all’una o all’altra, smentendo dunque anche le voci di una “corsa” finalizzata a chiudere la pratica del penale per evitare ulteriori sussulti interni all’esecutivo. Lo scopo finale rimane la riduzione del 25% dei tempi di durata dei processi entro i prossimi cinque anni, agendo in particolare sull’appello, la cui durata media è di 850 giorni, contro i 104 della media europea.

Oggi pomeriggio proseguirà anche l'esame del ddl delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, per il quale a giugno il ministero della Giustizia ha depositato 24 emendamenti governativi. A relazionare alla Commissione saranno Julia Unterberger (Autonomie), Anna Rossomando (Pd) e Fiammetta Modena (Fi). Un appuntamento al quale la Commissione arriva dopo un confronto tra maggioranza e governo, in particolare sul diritto di famiglia, date le posizioni rigide del senatore leghista Simone Pillon sui punti relativi alle vicende di violenza domestica nelle separazioni civili con affido.

Altra questione oggetto di dibattito il diritto del lavoro, tema però meno divisivo e sul quale l’accordo potrebbe trovarsi subito. Oggi, comunque, potrebbe essere stabilito il calendario per il voto dei subemendamenti e per l’approdo in Aula del testo: l’idea è di approvare la riforma entro fine settembre, data anche l’importanza assegnata alla stessa in chiave Recovery.

Altro capitolo, infine, quello relativo alla magistratura onoraria, sul quale riprende l'esame dopo il completamento dei lavori della Commissione Castelli, in attesa, nei prossimi giorni, del deposito degli emendamenti governativi da parte della ministra Marta Cartabia. Un’urgenza, vista l’imminente entrata in vigore della riforma Orlando, che preoccupa non poco le toghe onorarie. Fra le novità della proposta, l'aumento delle competenze per i giudici di pace sia nel civile sia nel penale, il mandato unico di sei anni, nove giorni di lavoro mensili e la fine del pagamento a cottimo.

Un calendario fitto, dunque, in attesa dell’appuntamento più caldo: quello con la riforma del Csm. Nel 2022, infatti, l’attuale consiliatura chiuderà il suo quadriennio, con la conseguenza che a luglio si voterà per eleggere i nuovi inquilini di Palazzo dei Marescialli, che passeranno da 16 a 20. È dunque attesa una nuova legge elettorale, che secondo la proposta della Commissione Luciani consiste nel voto singolo trasferibile, in grado «di produrre, in collegi di ampiezza almeno media dei risultati di tipo tendenzialmente proporzionale e valorizza fortemente il potere di scelta dell’elettore, eliminando il fenomeno del voto inutile, grazie al trasferimento ad altri candidati delle preferenze espresse dagli elettori di candidati già eletti o giunti ultimi nel confronto elettorale». Il tutto con lo scopo, ambizioso, di limitare lo strapotere delle correnti.