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La Corte di giustizia europea, su parere dell’avvocato generale, non ha accolto la domanda pregiudiziale d’urgenza avanzata dalle Sezioni Uniti Civili della Corte di Cassazione sull’applicazione del decreto Cutro. La decisione è del 26 febbraio scorso ed è stata resa nota dall’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro, legale di migranti già trattenuti a Pozzallo, su cui è incentrato il ricorso trattato anche dal giudice di Catania, Iolanda Apostolico. Il caso davanti alla Corte europea sarà trattato dunque con la procedura ordinaria: «Adesso – ha spiegato l’avvocata – ho due mesi di tempo per presentare una memoria e poi i giudici fisseranno la data dell’udienza».
«Dalla Corte di giustizia europea – ha proseguito la legale – ho ricevuto soltanto la comunicazione sintetica che non è stata approvata la procedura d’urgenza, ma non ne conosco le motivazione. Ritengo probabile che i giudici hanno ritenuto non sussistere l’urgenza perché i destinatari del provvedimento sono liberi». Tale previsione l’aveva anticipata al Dubbio la professoressa Chiara Favilli, ordinario di Diritto dell’Unione Europea all’Università di Firenze, quando ci disse che sarebbe stato «difficile» che la Corte di Giustizia Europea accogliesse la richiesta di una pronuncia in via d’urgenza che avverrebbe entro tre mesi. «Accade raramente – spiegò la giurista –. Più probabile che si decida entro i canonici 17 mesi di media».
Le Sezioni Unite Civili della Cassazione avevano emesso l’ 8 febbraio due ordinanze interlocutorie con le quali chiedevano alla Corte di Giustizia Europea di pronunciarsi in via d’urgenza sulla garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo deve versare per evitare di essere trattenuto in un centro alla frontiera in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. Le SU erano state chiamate a vagliare dieci ricorsi del Ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui il tribunale di Catania non aveva convalidato, nei mesi scorsi, i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto Cutro. In particolare le SU avevano chiesto se fosse compatibile con la legislazione europea «una normativa di diritto interno che contempli quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente) la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante l’intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo».
Già la conseguenza più forte della decisione delle SU era stato quella di congelare il dl Cutro fino alla pronuncia dell’Europa, adesso c’è il rischio per il Governo Meloni che si metta un freno anche al protocollo Italia- Albania che prevede che ai migranti soccorsi nel Mediterraneo da navi militari italiane vengano applicate le procedure accelerate di frontiera, compresa la medesima cauzione da 5.000 euro. «C’è stato – ha osservato ancora l’avvocata Lo Faro – un rimpallo tra le varie istituzioni, e adesso la palla torna al centro e ci vorrà del tempo per le decisioni, in attesa delle quali tutto resta fermo, compresa l’applicazione del decreto Cutro, e non solo in Italia perché le procedure accelerate, con il pagamento della cauzione di 5.000 euro, sono previste anche nel protocollo firmato con l’Albania» .