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Non è che un debutto. Almeno questa è la convinzione di Massimo D'Alema che ieri ha ufficialmente dato il via alla battaglia d'autunno contro il referendum sul quale Renzi aveva messo come posta la sua permanenza a palazzo Chigi. Il comitato del no col quale l'ex ministro degli esteri vuol rottamare il premier, sarà guidato dal professore Guido Calvi: «Un giurista che rappresenta la storia e l'impegno civile di giuristi democratici del nostro Paese, che non è iscritto al Pd e, quindi, non può essere accusato di voler fondare una corrente», ha detto dopo l'incontro al cinema Farnese.Nessuno, in effetti, pensa a una corrente. Semmai a un'Opa. E non a caso D'Alema ha chiuso l'incontro con un «non perdiamoci di vista» e con la replica a chi lo accusa di disfattismo e "frazionismo": «Non siamo qui per dividere il Pd. Questa è una interpretazione della stampa, e di una certa stampa che prende ordini dal partito».Per quel che riuguarda il merito del referendum, l'ex leader non ha dubbi e in perfetto "dalemese" parla di «riforma costituzionale pasticciata» e di «paccottiglia ideologica».E ovviamente l'ex ministro ha qualcosina da dire anche sul Pd a trazione renziana: «Milioni di persone hanno scelto di smettere di votare il Pd, centinaia di migliaia di persone che non hanno rinnovato la tessera si sono rivolte a noi. Solo alle ultime elezioni il Pd ha perduto più di un milione di voti, una parte importante di quello che un tempo era definito il popolo della sinistra».Infine la polemica sulla data del referendum che il premier continua a "nascondere": «Trovo sgradevole questo non voler dire la data del referendum. Una furbizia. Vorrei che si definisse la data perché ci si possa pronunciare. Abbiamo ascoltato minacce di dimissioni, di caduta del governo. Salvo poi tornare indietro e dire che non ci si dimette più, perché intanto i sondaggi erano cambiati».E sul dopo referendum è chiaro: «La vittoria del No non vuol dire elezioni. Di certo segnerebbe la fine di questa idea del Partito della Nazione, un progetto dannoso che ha provocato una frattura fra il popolo della sinistra e il Pd. Sarebbe un risveglio positivo per l'Italia».E dalla Cina, dove è impegnato per il G20 il premier prende di petto la questione data e fa sapere che «nei prossimi giorni, ascoltando i soggetti interessati, il Cdm fisserà la data, ragionevolmente nei tempi già previsti».Nei giorni scorsi, inoltre, la macchina renziana ha cercato di prevenire l'attacco a sinistra schierando una pattuglia di ex Ds a favore del referendum. «È il tempo di scegliere. Il tempo della responsabilità irrobustire la democrazia, dare più forza al Parlamento, qualificare l'azione del Governo, definire meglio il ruolo delle Regioni, valorizzare i Comuni, migliorare tempi e processi decisionali superando innanzitutto il bicameralismo paritario, dare più voce ai cittadini con le leggi d'iniziativa popolare e i referendum», si legge nell'appello firmato tra gli altri da Luigi Berlinguer, Cesare Damiano, Piero Fassino, Anna Finocchiaro, Matteo Orfini, Andrea Orlando, Mario Tronti e Nicola Zingaretti.