Gianni Cuperlo, dopo una lunghissima riflessione, ha sciolto le riserve e ha deciso: sarà candidato alla segreteria del Pd alle primarie del prossimo 19 febbraio. La scelta è stata comunicata attraverso un’intervista a Repubblica.it, secondo un metodo usato spesso dalla sinistra dem. Nessun tandem con Paola De Micheli e nessun appoggio a Elly Schlein, ma una candidatura autonoma per dare spazio e visibilità a un’area del partito che rischiava di essere polverizzata nello scontro Bonaccini-Schlein.

«Con umiltà ci sarò perché in discussione questa volta è l’esistenza del Pd. Non pesano solo la sconfitta e i sondaggi, ma il non aver mai voluto discutere la perdita dei sei milioni di voti dal 2008 a oggi. Vorrei aiutare a farlo nella chiarezza delle idee, fuori da trasformismi che hanno impoverito l'anima della sinistra. Penso che senza un confronto plurale e sincero i guasti di ora potrebbero riprodursi dopo». Le parole con le quali Cuperlo ha riassunto le ragione della sua candidatura, fortemente sponsorizzata da Goffredo Bettini, dall’intero gruppo di Articolo 1 e da Nicola Zingaretti. «Se seguissi la razionalità non dovrei farlo - ha detto ancora Cuperlo - anche perché so che alle spalle non ho potentati, a volte però prevalgono i sentimenti e questa prova credo giusto affrontarla. So che diversi pensano sia una follia, altri invece credono vi sia una ragione più forte di qualunque timore su quale potrà essere il risultato e cioè l’incubo di una deriva greca come per il Pasok o francese con la tradizione socialista precipitata nell’irrilevanza».

Deputato in carica e componente della direzione nazionale del Pd, Cuperlo è al secondo tentativo di candidatura alla segreteria. Ci aveva provato nel 2013 sfidando Matteo Renzi che vinse largamente con il 67,5 per cento dei consensi, mentre Cuperlo si fermò al 18,2, per poi ricoprire il ruolo di presidente del partito tra il 2013 e il 2014. Cuperlo rimase nel partito senza seguire la fuoriuscita di Bersani e compagni, restrando vicino alla corrente di Andrea Orlando.

Lo scontro con Bonaccini, adesso, per molti potrebbe diventare una riedizione di quella sfida, considerando che il governatore dell’Emilia Romagna era stato molto vicino alle posizioni dell’ex sindaco di Firenze e che, anche l’attuale area di riferimento coincide, per larghi tratti, con il gruppo che sostenne all’epoca la corsa di Renzi.

Stavolta, però, la sfida si presenta ancora più complicata perché la sinistra sarà adesso messa alla prova di due offerte che potrebbero pescare nello stesso bacino. Quella dell’ex vice presidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein che aspettava di essere in qualche modo adottata dalla componente storica della sinistra dem.

Al momento, nessuna reazione da parte di Andrea Orlando, leader della corrente politicamente più vicina al neo aspirante segretario.

Sono, adesso, quattro le candidature (Bonaccini, Schlein, De Micheli e Cuperlo) in campo per il congresso di un Pd debole come non mai, dopo i sondaggi che lo hanno fatto precipitare sotto il 16 per cento e che teme adesso di potere ulteriormente perdere terreno, anche a causa dell’esplodere del Qatargate.

Con un partito in queste condizioni e con una corsa a quattro che potenzialmente può portare ad ulteriori frantumazioni interne, sembra ancora più inevitabile avallare l’ipotesi di sganciare il percorso ricostituente del partito dalla campagna elettorale per le primarie. Il compito di ricostruire il Pd spetterà alla nuova Assemblea e al nuovo segretario, sempre che si riesca a mantenere l’unità dopo il voto. Ma, a questo punto, appare verosimile che possa tornare con insistenza sul tavolo del segretario dimissionario Enrico Letta la richiesta di valutare l’opportunità di anticipare la data delle primarie per evitare che i prossimi due mesi si possano trasformare in uno scontro senza quartiere, mentre ci si saranno anche da affrontare le elezioni regionali in Lazio e Lombardia.