«I numeri ci sono, i numeri ci sono», è il mantra che da 48 ore viene ripetuto, quasi per convincersene, dal gruppo dirigente pentastalleto. Con prudente sicumera i grillini sentono la vittoria in tasca: al Senato i responsabili sono stati individuati e sono pronti a uscire allo scoperto per salvare Conte e il suo governo e mandare in pensione anticipata Renzi. Eppure, in una crisi al buio come questa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. E per il presidente del Consiglio potrebbe nascondersi all’interno delle mura amiche. Perché, dietro al formale consenso nei confronti del patto Di Maio- Zingaretti, nel sottobosco parlamentare grillino il malcontento cresce. L’operazione “salva- premier” non va giù a più di un eletto. E non per atavico disgusto per i voltagabbana pronti a salire sul carro. No, l’intransigenza ideologica non c’entra, è figlia di un passato irriconoscibile. Il cinico calcolo, semmai, inquieta quei deputati e senatori nascosti tra i banchi dell’anonimato.

«Da qualunque prospettiva la si guardi, questo cambio di maggioranza fa acqua da tutte le parti», dice un parlamentare, convinto che alla fine i conti al Senato non torneranno e che Conte sarà costretto a salire al Quirinale con un pallottoliere rotto tra le mani. Perché se è vero che la maggior parte dei deputati e dei senatori si identifica totalmente col capo del governo, è altrettanto vero che uno zoccolo duro di parlamentari fatica a provare anche solo simpatia per il premier. Ma il ragionamento è un altro: «Se Conte, come sembra, è intenzionato a creare un nuovo partito in cui dare ospitalità ai responsabili, noi che ci guadagniamo?», si chiede un’eletta. «Avremmo solo da perdere, perché quel contenitore ci ruberebbe solo altri voti», aggiunge. Non solo, «ogni seggio garantito a un responsabile, è un seggio sottratto a uno del Movimento 5 Stelle». In altre parole, la merce di scambio assicurata ai costruttori, la rielezione, è troppo preziosa, e rara, in casa M5S, per non creare qualche scompiglio. Perché tra consensi in picchiata e taglio dei parlamentari, sono troppi i parlamentari grillini a temere di rimanere in piedi a musica finita. Allora meglio non chiudere i canali di comunicazione con gli altri gruppi o provare a infilarsi nella trattativa della fedeltà alla maggioranza, come un responsabile qualsiasi, alzando la posta.

In pochi, certamente, avrebbero il coraggio di esporsi in Aula, ma in tanti fanno il tifo perché la conta faccia crollare Conte. «Con Franceschini a Palazzo Chigi nessuno avrebbe niente da ridire, né tra di noi, né tra i colleghi di Italia viva», confessa ancora un eletto, puntando le fiches sul flop dell’avvocato. Ma in questo clima, qualcuno potrebbe addirittura cedere alle sirene salviniane e renziane - «le offerte da quei partiti arrivano costantemente» - e negare il proprio sì al premier in Aula. «Perché persino Iv ci può garantire ciò che il M5S non sarà mai in grado di fare: una carriera politica sui territori». Non sarà molto, ma ci si accontenta.